Titolo originale: Ludwig
Nazione: ITA+FRA+GER(BRD)
Anno: 1973
Genere: Storico, Drammatico, Biografico
Durata: 230'
Regia: Luchino Visconti
Cast: Helmut Berger, Trevor Howard, Romy Schneider, Silvana Mangano, Adriana Asti
Trama:
Incoronato re a soli 18 anni, l'ingenuo e sognatore Ludwig von Wittelsbach sale al trono di Baviera carico di romantiche passioni: quella, non ricambiata, per la cugina e imperatrice d’Austria Elisabeth, quella per la musica di Wagner, artista che sovvenziona, e quella per i castelli, per cui spende una fortuna. Il suo Consiglio dei Ministri apre un’inchiesta per destituirlo e...
Comunemente indicato come ultimo film della cosiddetta "trilogia tedesca", Ludwig è, a mio avviso, solo un altro e splendido capitolo di quella fase cinematografica in cui Visconti rappresenta, con immenso rimpianto, il crepuscolo di un mondo vecchio e dai valori sfioriti. Per mostrarci al meglio lo splendido affresco di una Mitteleuropa decadente, all'indomani del processo di quell'unificazione tedesca così simile, nei suoi effetti sulla nobiltà, a quella dell'unità di casa nostra, il regista distilla quasi all'eccesso il suo già raffinatissimo gusto estetico toccando vertici mai più raggiunti dal cinema italiano e regalandoci una ricostruzione sontuosa ed elegante di quel profondissimo (melo)dramma umano e sociale.
Visconti, come tanti altri registi, ha cercato più volte di creare un suo alter ego di celluloide ma nessuna delle sue splendide copie è mai stata più vicina al suo ideale quanto il magnifico Helmut Berger che qui, con grazia singolare, dona all'infelice sovrano una consistenza intensissima. Grazie a lui tutti i temi cardine di Visconti, l'amore-passione, la seduzione mortuaria, le ossessioni del potere, l'omosessualità, il rapporto tra arte e vita, assumono significati nuovi, trascendentali eppure profondamente umani, nella più pura contraddizione decadentista.
Impossibile (ed imperdonabile) sarebbe non citare anche l'ormai adulta Romy Schneider che magistralmente rappresenta, e non soltanto interpreta, quell'Elisabetta d'Austria che è molto più che semplice spettatrice d'eccezione dell'affresco dei castelli di Ludwig, ne è musa e tormento insieme. Le sue due notti col sovrano, insieme all'incontro con l'attore shakespeariano ed il suo azzeccatissimo riferimento ai figli della Luna di Platone, sono certamente i punti più alti di questo capolavoro.
Ludwig è un film da vedere e rivedere (evitando però accuratamente la mutilata versione di solo tre ore circolata fino al 1980) perché è un concentrato della poetica viscontiana, suo vero e proprio testamento artistico - coltissimo, ambiguo, decadente ed autodistruttivo - ma anche e soprattutto perché è una straziante lettera d'amore (e d'addio!) per una civiltà di cui il regista si sente profondamente orfano e che, con struggente affetto, vuole immortalare per noi, piccoli e miseri posteri.