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mercoledì 1 gennaio 2025

La rosa di Bagdad


Titolo originale: La rosa di Bagdad
Nazione: ITA
Anno: 1949
Genere: Animazione
Durata: 71'
Regia: Anton Gino Domeneghini

Trama:
Amin, suonatore alla corte del Sultano, è innamorato della principessa Zeila che lo ricambia, ma il perfido visir Giafar, che vede nel matrimonio con Zeila il mezzo per impadronirsi del regno, ben sapendo che la principessa non lo acconsentirebbe mai alle nozze, si fa aiutare dal potente mago Burk e...

Commenti e recensione
La rosa di Bagdad è il primo lungometraggio di animazione europeo e già solo per questo ha diritto ad un posto d'onore nelle antologie del Cinema. E non state a sentire quelli che vi diranno che è stato preceduto da Le avventure del principe Achmed di Lotte Reiniger del 1926, o dal perduto El apòstol di Quirino Cristiani del 1917, perché quelli erano realizzati in cutout animation e, francamente, non possono essere equiparati a questo gioiello. Non considero nemmeno I fratelli Dinamite di Nino Pagot, che fu sì registrato in SIAE due anni prima ma solo grazie ad un cavillo, visto che erano a circa metà della produzione, ed infatti uscì in contemporanea allo stesso Festival del Cinema. Non fraintendetemi, è un bellissimo film ma di una qualità artistica e tecnica molto inferiore ed infatti non venne mai paragonato ai lavori della Disney.
Il capolavoro di Domeneghini, invece, è stato subito ammirato in tutto il mondo: in Olanda è ancora uno dei cartoni più popolari del dopoguerra e nel mondo anglosassone, grazie anche al doppiaggio della principessa Zelia da parte di una sedicenne ma già magnifica Julie Andrews, ottenne un ottimo successo. Peccato che, come al solito per colpa di una distribuzione particolarmente miope, in Italia non andò così bene e gli incredibili sforzi del team di Domeneghini non ebbero seguito, altrimenti oggi saremmo potuti essere alla pari con l'animazione degli Stati Uniti e del Giappone. (Ogni tanto qualcuno ci ha riprovato ma gli investimenti richiesti alla realizzazione di questi film "per bambini" hanno sempre terrorizzato i nostri tirchissimi produttori e soloni della settima arte. Aperta e chiusa parentesi >_<).
La storia della realizzazione di questa pellicola è talmente interessante da meritare un film tutto suo!
Nel 1940 Domenighini era il pubblicitario più importante d'Italia, con un pacchetto clienti del calibro di Coca Cola e Gilette, ma l'inasprirsi della guerra ebbe, come effetto collaterale, il blocco di tutte le campagne pubblicitarie. In quegli stessi anni era nelle sale il bellissimo Biancaneve e i sette nani di Disney, del '37 ed il Nostro, trovatosi improvvisamente senza lavoro ma con un sacco di creatività ancora da smaltire, si rese conto di avere gran parte delle capacità necessarie a realizzare qualcosa dello stesso livello. Con quest'idea in testa si presentò ai più alti livelli del Partito che, interessati dalla possibilità di dimostrare come l'Italia fosse superiore agli USA anche in questo campo, gli diedero accesso a capitali significativi.
Grazie ai suoi contatti Domeneghini riunì un gruppo creativo di primissimo ordine (come, tra i tanti, due importanti scenografi della Scala, l'illustratore delle figurine Perugina ed il celebre compositore milanese Riccardo Pick-Mangiagalli) che contribuirono a creare l'estetica distintiva del film con la sua sorprendente miscela di animazione basata su personaggi comici ed esotismo figurativo della scuola orientalista italiana di Mariani e Simonetti.
La guerra causò enormi difficoltà alla produzione: nel '42 lo studio di Milano venne distrutto durante i bombardamenti alleati e tutta la troupe, con relative famiglie, fu fatta evacuare in un paio di ville in provincia di Brescia. Purtroppo erano abbastanza vicine ad una stazione ferroviaria per cui anche queste subirono diversi attacchi degli Spitfire, come da consuetudine dell'epoca.
Solo verso il '47 le migliaia di disegni prodotti furono inviati, per mancanza in Italia di attrezzature adeguate, nei laboratori della Stratford Abbey Films, unici rimasti in Europa occidentale a poter gestire il Technicolor e sopravvissuti ai Blitz solo perché spostati in tutta fretta da Londra a Stroud.
Durante i due anni di permanenza lì, i disegni e gli spezzoni di filmato già realizzati furono molto probabilmente visti anche da Walt Disney, che non lontano stava girando L'isola del tesoro, anch'esso in Technicolor, e ne prese (si dice) non pochi spunti per il suo Cenerentola del 1950. ^_^
Gli artisti de La rosa di Bagdad saccheggiarono bonariamente Le mille e una notte ma trassero più di un’ispirazione dall’irraggiungibile Biancaneve, dalla vis comica e lo stile caricaturale de I viaggi di Gulliver (1939) di Dave Fleischer e, soprattutto, da Il Ladro di Bagdad del 1940, uscito a lavori appena iniziati: i Jafar, così come il Califfo Oman ed il Sultano di Bassora sono praticamente identici. Niente di grave ovviamente, il Jafar di Aladdin del 1992 è ancora uguale, così come il sultano, ed ormai è persino difficile capire da quale fonte siano stati copiati. XD
Finalmente le pellicole arrivarono in Italia nel 1949 e vennero presentate al Festival di Venezia di quell'anno, vincendo senza discussioni il primo premio assoluto nella sezione Ragazzi, stracciando il film dei Pagot.
Se stilisticamente ed artisticamente La rosa di Bagdad non ha nulla da invidiare ai titoli d'oltreoceano, la trama soffre un pochino di un minutaggio insufficiente (probabilmente anche per necessità di budget), qualche minuto in più forse avrebbe permesso una migliore gestione del finale ma resta comunque un film godibilissimo ed adatto alla visione sia dei bambini che degli adulti.
È da vedere? Senza il minimissimo dubbio!!! :D



Cari amici, ancora una volta
Tantissimi Auguri di
BUON ANNO!!!

domenica 24 dicembre 2023

Miracolo nella 34ª strada

Titolo originale: Miracle on 34th Street
Nazione: USA
Anno: 1994
Genere: Commedia
Durata: 113'
Regia: Les Mayfield
Cast: Richard Attenborough, Mara Wilson, Elizabeth Perkins, Dylan McDermott, J.T. Walsh

Trama:
Le feste sono ormai alle porte quando un maturo signore dai modi eleganti viene ingaggiato dai Grandi Magazzini Macy's per impersonare Babbo Natale. Lui sostiene di chiamarsi Kris Kringle ma il suo stile sembra rivelare qualcos'altro e...

Commenti e recensione light:
Se in cima alla Top10 dei palinsesti natalizi italiani c'è sempre Una poltrona per due, subito alle sue spalle, sul podio, c'è sicuramente questo Miracolo nella 34ª strada. E ammettiamolo, senza truffatori, ladri e prostitute, anche se non avesse il più bel Babbo Natale della storia del cinema sarebbe certamente molto più consono a questa festa. XD
Tutti gli altri attori bravissimi, niente da dire, (Mara Wilson che abbiamo già amato in Matilda 6 mitica e Mrs. Doubtfire, è addirittura magnifica) ma è un grandissimo Attenborough a monopolizzare la scena. Il Santa Claus che ha creato è davvero convincente e forse è l'unico capace di riportare quel senso del Natale che tutti sembrano aver dimenticato. Un Natale persino quasi pagano, che dà la forza di affrontare i giorni più bui dell'anno scambiandosi bei gesti di affetto. In questa sede è fuori luogo approfondire il discorso fino ai Saturnali romani (loro sì che sapevano divertirsi ^__^) ed oltre ma è una ricerca che consiglio a tutti; c'è molto altro che non il semplice scambio dei regali in questa festività. ;)
A noi italiani stupisce sempre che un regista da Oscar, quasi un gigante, si presti così volentieri a parti tutto sommato leggere; sarà che i nostri si prendono un po' troppo sul serio? O forse è solo che è davvero raro trovare qualcuno come Attenborough, così dotato a teatro come sullo schermo, a dirigere od interpretare che sia, indifferentemente!
Per quanto riguarda il film, che è il remake di quello di Seaton del '47, è ovviamente incentrato sulla domanda "Babbo Natale esiste?". La risposta, cercata persino negli ospedali psichiatrici e nei tribunali, viene meravigliosamente, quasi magicamente, trovata rendendo il Miracolo perfetto per tutto il pubblico infantile. Andando oltre lo spettacolo per bambini, tuttavia, Mayfield si rivolge intelligentemente anche noi adulti, criticando il lato consumistico che si diffonde durante il periodo natalizio, dove il vero senso della festività viene sostituito dal profitto.
Scritto e prodotto da John Hughes, che ha firmato anche Mamma ho perso l'aereo, è ovviamente un film molto americano, con sue le parate ed i grandi magazzini e New York sullo sfondo, ma anche veramente astuto nel catturare l'attenzione di ogni fascia di pubblico. Evita abilmente di parlare di bontà, solidarietà o persino di religione -quindi non è proprio il Natale come lo intende il Vaticano- ma grazie al suo puro e così ben curato "stile fiaba" è, sempre, una vera gioia da vedere. :D




BUON NATALE A TUTTI!!!
ed un grosso abbraccio dal vostro 
ranmafan
:D

venerdì 21 luglio 2023

Aria (The Animation - The Natural - The Origination)

Titolo originale: ARIA アリア (THE ANIMATION - THE NATURAL - THE ORIGINATION)
Nazione: JAP
Anno: 2005-2006-2008
Genere: Slice of live, Fantascienza, Fantastico, Iyashikei
Durata: 24' x 53 episodi (più 6 OVA)
Regia: Junichi Sato
Autore: Kozue Amano

Trama:
È il ventitreesimo secolo ed Akari Mizunashi si è trasferita sul pianeta Marte, ribattezzato Aqua dopo la terraformazione, per diventare undine nella splendida città di Neo-Venezia. Accolta come apprendista presso la Compagnia Aria, esplora le bellezze della della città insieme ad altre tirocinanti, lavorando duramente per esaudire i suoi sogni e facendo nuove amicizie lungo la strada.

Commenti e recensione:
Prima di parlare di questo capolavoro degli inizi del 2000 (il manga della Kozue Amano comincia nel 2001) credo sia necessario dedicare qualche riga al concetto di iyashikei (癒し系), che vedete indicato anche come tag di genere.
Intorno al 1990 cominciò, in Giappone, quello che è comunemente definito il "decennio perduto", frutto dell'esplosione della bolla speculativa degli anni precedenti e che segnò la fine del boom economico del secondo dopoguerra. Oltre ad essere un disastro economico fu, soprattutto, un trauma psicologico per intere generazioni. Il mondo politico, con colpevole ritardo, cercava di salvare il salvabile, ovviamente a scapito dei cittadini e, tanto per gradire (benché di questo nessuno ebbe effettivamente colpe) arrivò il grande terremoto di Kobe, con i suoi 6.000 morti, 40.000 feriti e 300.000 sfollati. Col senno di poi, l'attentato col gas Sarin nella metropolitana di Tokyo è sicuramente da inserire nel contesto di gravissimo disagio sociale che si era creato.
Tutti questi eventi, economici, sociali, politici e naturali, generarono un incredibile livello di stress nel pubblico ed alcune case editrici, che fino ad allora si erano occupate prevalentemente d'azione, decisero di concentrarsi su tematiche più calme e tranquille, facendo nascere il filone iyashikei che, a spanne, si può tradurre con "curativo" o, se vogliamo coglierne meglio il senso, "consolatore".
Gli iyashikei, sottogenere dello slice of life, sono praticamente privi di trama ed il protagonista, generalmente in ambientazioni e scenari rilassanti e meravigliosamente coinvolgenti, si limita a vivere la giornata apprezzando e godendo delle piccole gioie della quotidianità. Non che fosse un'idea nuovissima, già negli anni '80 c'erano stati esperimenti come Magica Magica Emi o, ovviamente, Il mio vicino Totoro, ma è con l'inizio del nuovo millennio che il genere viene formalizzato: lo iyhashi, o boom della guarigione, diventa sia uno stile espressivo che, più prosaicamente, un commerciabile e molto redditizio prodotto editoriale. D'altronde il pubblico sembrava, e sembra ancora, averne proprio bisogno.
Aria, sia manga che anime, incarna tutti i canoni di benessere e guarigione che definiscono il genere iyashikei e ne è considerato, giustamente, l'apice! Akari, la protagonista, ed il resto del cast sono personaggi facili da seguire, con le loro vite relativamente semplici e le delicate avventure come gondoliere. Al di fuori delle attività quotidiane e degli eventi legati all'essere undine, gli episodi sottolineano anche l'importanza dell'amicizia e, spesso, si concludono con una lezione od un promemoria ad apprezzare le piccole cose della vita.
L'autrice ha scelto un'ambientazione di blanda fantascienza con l'unico scopo di ricreare un mondo futuro abbastanza arretrato da essere identico a quello del suo presente, solo per giustificare il lavoro delle sue undine in una splendida ed utopica Venezia. Lavoro che, in realtà, è una riedizione di quello delle geishe, col loro "mondo fluttuante", le loro scuole e la loro filosofia incentrata sul concetto del presente. Un mondo interamente al femminile (benché, in passato, vi furono uomini dediti a questa professione, i taikomochi), esattamente come quello raccontato in Aria.

Per quanto riguarda l'anime, grazie alla sapiente combinazione di immagini raffinatissime, una storia tranquilla ma avvincente incentrata sul ritmo rilassato della quotidianità di Akari, ed una colonna sonora che si adatta perfettamente al tono ed all'atmosfera della narrazione, Junichi Sato riesce ad esaltare perfettamente il manga e, pur partendo da un'ottimo livello, nel corso delle tre stagioni non fa che migliorarsi continuamente. La qualità dell'animazione ed il comparto audio sono decisamente sopra la media per questo genere di produzione e persino gli OAV e gli ultimi due film riescono a mantenere altissimo sia il livello artistico che quello emotivo. Dall'architettura ai cieli, dall'abbigliamento al character design, i toni chiari, gli incredibili sfondi e le meravigliose melodie riescono a creare l'ambientazione perfetta che l'anime vuole evocare: una città idilliaca con persone tutte da amare. È veramente piacevole guardare i molti dettagli che spesso vengono ignorati, che siano gli intarsi di una porta in legno di un negozio o la rappresentazione dei palazzi veneziani, fino al semplice riflesso nelle pozzanghere.
Ovviamente non ci sono colpi di scena, effetti speciali, esplosioni o magie, pertanto il massimo della resa Junichi Sato la ottiene (ma molto aiutato dai disegni della Amano) con veri virtuosismi della sua "camera da presa", con ottime inquadrature sia dall'alto che in primissimo piano che in extreme close-up. Sull'eleganza dei fondali e l'espressività dei volti non mi dilungo e vi lascio giudicare direttamente dagli screenshots.
Guardare questa serie è come ascoltare uno di quei brani di musica da meditazione, in cui il battito cardiaco rallenta e ti senti avvolto in una calda coltre di calma. Quello che rimane dopo la visione è un senso di meraviglia riscontrabile in poche altre opere e raggiunge quindi pienamente lo scopo per cui è stata creata.
Aria è una serie di cui consiglio la visione veramente a tutti, anche a chi ama esclusivamente i film d'azione di Michael Bay, sia perché può cambiare a chiunque il modo di guardare il mondo che perché, con le con sue bellissime immagini ed i suoni piacevoli, può abbassare il livello di stress e, con un po' di fortuna, persino allungare la vita di qualche minuto. ^_^



Piccole note tecniche: quello che vi sto proponendo è il frutto di diversi mesi di lavoro, dalla raccolta delle fonti alla loro integrazione; è come se vi avessi postato una dozzina dei miei soliti rip.
Nella cartella troverete i 53 episodi delle tre serie, The Animation (2005), The Natural (2006) e The Origination (2008), più l'OAV Arietta (2007) tra la seconda e la terza serie, la mini serie di tre episodi The Avvenire (2015) ed i due film The Crepuscolo (2021) e The Benedizione (2021). Per gli OAV non ho potuto far altro che riproporvi (con qualche piccola miglioria) quanto si trova già in rete ma tutti gli episodi regolari sono in formato HEVC 1080p, video da Bluray ed audio AC3 da DVD per darvi il miglior prodotto che abbia mai realizzato.
Troverete anche, sempre da internet, il manga di Kozue Amano; purtroppo solo in inglese. È esistita un'edizione in italiano ma ormai è fuori catalogo e nessuno ne ha mai realizzato una versione in digitale. La buona notizia è che la Star Comics, al Napoli Comicon 2023,  ne ha annunciato la ristampa che dovrebbe a arrivare in autunno. Qualora succedesse (voglio essere scaramantico ^_^) vi consiglio di approfittarne subito perché è un'opera da avere as-so-lu-ta-men-te.
Per questo progetto ho rotto le scatole ad un numero esagerato di colleghi ma i miei più sentiti ringraziamenti vanno a Dausen, che mi ha dato gli introvabili DVD, Naruto Sennin che mi ha fatto avere un sacco di materiale, ed animencodes per i Bluray e quindi...


DEDICO QUESTO POST A
Dausen, Naruto Sennin ed animencodes,
senza il cui contributo non l'avrei mai potuto pubblicare.
GRAZIE!!! 

martedì 14 febbraio 2023

La sposa cadavere

Titolo originale: Corpse Bride
Nazione: UK
Anno: 2005
Genere: Commedia, Animazione, Musicale
Durata: 75'
Regia: Tim Burton, Mike Johnson (II)
Cast: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Emily Watson, Tracey Ullman, Paul Whitehouse

Trama:
Victor, goffo giovane pianista, per prepararsi alle nozze (combinate) con Victoria infila per errore l'anello di fidanzamento al dito di una donna morta. Quando questa si risveglia, conduce Victor nel mondo dell'aldilà, lo reclama come legittimo marito e....

Commenti e recensione light:
La sposa cadavere è un distillato di tutta l'opera di Burton e, forse, di lui stesso.
Questo gioiello, di rara leggerezza, è interamente giocato sul contrasto tra il mondo dei vivi, cupo e formale, e quello dei morti, allegro, coloratissimo e spensierato, in una storia decisamente macabra ma anche spiritosa. Lo spunto è tratto dalle tradizioni ebreo-russe del XIX secolo (mi viene spontaneo ricordare la scena del sogno del cimitero ne Il violinista sul tetto) in cui si narrava di matrimoni rovinati da antisemiti che arrivavano anche a rapire la sposa, ucciderla e seppellirla con ancora indosso l'abito nuziale. Mettiamoci anche le stupende atmosfere che, con quelle fantastiche ambientazioni notturne dominate dai blu ed i viola, sono così prossime a Il Mistero di Sleepy Hollow e l'horror è davvero vicino.
Ed invece ecco il magico Burton che, come è solito fare quando tratta di fantasmi, maschere e cadaveri, si diverte a capovolgere il pensiero comune!
Era già successo in Beetlejuice (di cui cita la scena della cena con i mostri che appaiono dietro ai commensali) dove "gli sposi cadaveri" avevano più amore dei traslocanti cittadini; era successo in Batman, dove i cattivi erano sicuramente più umani dei "buoni", e succederà ancora tante altre volte, come in Coraline. Burton è ancora una volta quel crogiolo di inventiva che ibrida splendidamente la favola oscura, qui in perenne ambientazione notturna e ricolma di malinconia, alla dolcezza ed il divertimento di quel mondo che non è proprio "morte" quanto "après-vie".^__^
Insomma, La sposa cadavere è Tim Burton allo stato puro, compresi ovviamente i suoi feticci: Helena Bohnam Carter, Johnny Depp e le fantastiche musiche di Danny Elfman.
Mi piacerebbe dilungarmi sul comparto tecnico ma mi trattengo; mi permetto solo elogiare l'uso delle fantastiche Canon Eos-1D Mark II con lenti Nikon da 14mm/105mm, soluzione eretica ed assolutamente innovativa per l'epoca. Con questa accoppiata i tecnici riuscirono finalmente a riprodurre un'immagine identica a quella delle lenti da 35mm analogiche e quindi a realizzare il primo film in stop-motion animato anche digitalmente! L’unione del comparto digitale con quello più artigianale della stop-motion si è dimostrato uno sposalizio (il termine è scelto con cura ^_^) artistico di grandissimo livello che, a quanto pare, Harryhausen ha amato immensamente.
I più piccoli, che tanto ormai sono molto più svegli di quanto eravamo noi, rimarranno folgorati dalla grafica accattivante ed un po’ creepy, mentre gli adulti potranno divertirsi ad analizzarne più a fondo le simbologie (tantissime ed, a volte, molto profonde) che lo rendono un film da non perdere non solo per gli amanti dell’animazione.
Pensato per Halloween, perché La sposa cadavere è ovviamente una favola nera, grazie ai suoi personaggi indimenticabili e dotati di prorompente umanità, vivi o morti che siano, esplode in una delle più belle storie d'amore (naturalmente struggente come nella pura tradizione burtoniana) mai girate e risulta adattissima per San Valentino. Magari un San Valentino un po' diverso, uno forse grigio nel mondo reale ma coloratissimo in quello della fantasia! :D

sabato 31 dicembre 2022

Gli Argonauti



Titolo originale: Jason and the Argonauts
Nazione: USA
Anno: 1963
Genere: Avventura, Fantastico
Durata: 104'
Regia: Don Chaffey
Cast: Todd Armstrong, Honor Blackman, Nigel Green, Nancy Kovack, Gary Raymond, Niall MacGinnis


Trama:
Giasone è inviato alla ricerca del Vello d'Oro dal re della Tessalia Pelia. Quest'ultimo, però, cerca di sabotare la spedizione perché un oracolo ha predetto che ad ucciderlo sarà proprio il giovane eroe, capitano della Argo, e...

Commenti e recensione light:
Gli Argonauti è, ancora oggi e dopo ben sessant'anni, un eccellente gioiello fantastico-mitologico. Al netto della sua semplicità è un film divertentissimo da seguire grazie al ritmo sempre più incalzante, ai suoi momenti di puro trash (senza mai scadere veramente nel ridicolo) ed, ovviamente, ai suoi fantastici mostri. Pensare che questi interagissero così bene con gli attori già allora è impressionante, altro che CGI!
Poco importa se Le Argonautiche originali siano solo una vaga ispirazione (nonostante l’ottima gestione della storia di Ercole) e che Todd Armstrong interpreti un Giasone per nulla tormentato come invece la storia vorrebbe perché, in fondo, rispecchia perfettamente i dettami del peplum all'americana, dove ogni angoscia esistenziale era bandita per non turbare le famiglie.
In questo Don Chaffey, ottimo mestierante, si è dimostrato adattissimo perché perché la corsa è frizzante, divertente ed esotica quanto basta: scegliendo le suggestive le musiche di Bernard Herrmann (che quello stesso anno musicò Gli uccelli di Hitchcock) e la luminosità dei colori Eastman, ha ammantato tutto il film di una grandiosità che non è invecchiata di un giorno.
E poi c'è l'apporto impagabile di Ray Harryhausen! Persino lui considerava questo "il suo miglior film" e, ammirando il suo lavoro, personalmente trovo che abbia ampiamente dimostrato che la magia esiste davvero. Le scene che ha firmato, dallo scontro con le arpie, inquietanti e perfettamente integrate nell’azione, al gigantesco Talos, l'Idra ed, infine, la spaventosa orda di scheletri guerrieri, sono entrate tutte nell'antologia del Miglior Cinema. La scena degli scheletri è così rinomata da essere omaggiata a profusione: così a memoria mi tornano alla mente Guillermo Del Toro, che gli ha praticamente dedicato il suo kaiju movie (prima o poi Pacific Rim ve lo metto ^_^), Sam Raimi, il cui esercito di scheletri ne L'Armata delle Tenebre è quasi identico a 30 anni di distanza, ed ovviamente Don Bluth ed i suoi scheletri risorti dal fuoco in Taron, che devono aver impressionato tantissimo anche quel giovanissimo Burton che, guarda caso, si è poi appassionato di stop motion.
Regista ed attori hanno fatto tutti un lavoro molto più che discreto e se gli incredibili pupazzi animati, frutto del virtuosismo di Harryhausen, rubano la scena, a noi restano comunque ben 100 minuti di divertimento in cui la noia è bandita, 100 minuti di puro ritmo, 100 minuti di un classico la cui aura Cult non si è assolutamente dissipata né, probabilmente, si affievolirà in futuro! :D




A tutti voi, miei cari lettori:

Felice 2023!!

^__^

sabato 24 dicembre 2022

Le 5 leggende



Titolo originale: Rise of the Guardians
Nazione: USA
Anno: 2012
Genere: Animazione, Fantastico
Durata: 90'
Regia: Peter Ramsey


Trama:
L'Uomo Nero è tornato e viene ad oscurare, con la sua ombra malefica, i sogni di tutti i bambini. Al Polo Nord, presso il quartier generale di Babbo Natale, dopo tanti secoli di pace i mitici guardiani della fantasia sono colti impreparati ma l'Uomo della Luna arruola nelle loro file il giovane Jack Frost, spensierato e dispettoso Spirito dell'Inverno, e...

Commenti e recensione light:
Nato da un'azzeccatissima intuizione di William Joyce, il ciclo de I Guardiani dell'Infanzia (di cui troverete nella cartella i primi due volumi come mio personale regalo di Natale ^_^) racconta la storia dietro alle storie. Chi sono davvero i personaggi delle fiabe? Si conoscono? Sono amici?
Joyce aveva lavorato con Disney e Pixar, quindi conosceva l'ambiente e non aveva dubbi sul valore della sua opera ed infatti scatenò una bella lotta tra case di produzione. Ne ha vinto i diritti un entusiasta Guillermo del Toro, da sempre affascinato da fiabe e temi mitologici, possibilmente anche un po' dark. Ha cooptato il Pulitzer David Lindsay-Abaire a scrivere, con lo stesso Joyce, la sceneggiatura ed ha convinto entrambi della sua personalissima visione del "fantastico". Se c'è un vero autore di questo film è senza alcun dubbio il nostro genio messicano!
In Le 5 leggende, dedicato ad un pubblico (prevalentemente!) infantile, Guillermo si è trattenuto dagli eccessi horror del Labirinto del Fauno o, semplicemente, di Trollhunters, ma ha comunque permeato tutto il film con una sfumatura un po' più oscura della classica favola buonista di Natale. In effetti il cattivissimo Pitch (diminutivo di Pitch Black, cioè Buio Pesto che, da noi, corrisponde all'Uomo Nero) può fare davvero paura ma sono le sfumature "in ombra" di tutti gli altri personaggi a stupire lo spettatore ed a spingerlo ad immaginarne uno spessore assolutamente inatteso. Un po' inquietante, forse, ma molto più umano!
Lindsay-Abaire e Joyce hanno scritto un'ottima sceneggiatura, cosa rara ultimamente, basandola più sull'impianto epico-avventuroso che sulle facili battutine e sdolcinate citazioni tanto di moda negli ultimi anni. È una sceneggiatura lineare, chiara, ideale per i bambini ma anche ricca di spunti di riflessione adatti a tutte le età.
Lo staff della DreamWork, ovviamente, non ha bisogno di presentazioni ma qui, creando un The Avengers fantasy che si avvicina molto allo stile di Dragon Trainer, si è distinto in modo particolare. L'impianto visivo è spettacolare, con un uso del 3D finalmente adeguato che lascia a bocca aperta e, approfondendo, non posso che ammirare tutti i pregi di questo film: le scenografie studiate nei minimi particolari per riflettere le personalità dei loro abitanti, un'animazione fluida, attiva, in costante movimento (che purtroppo è causa degli screenshots di qualità discutibile) ed una fotografia magnetica che empatizza con il subconscio dello spettatore.
Nella versione originale, infine, il cast vocale con Chris Pine, Alec Baldwin, Hugh Jackman e Jude Law, è di gran lusso. Benché sia doppiato splendidamente, se ne avete la possibilità cercate di godervelo in inglese.
Quasi dimenticavo, questo è il film di esordio alla regia di un allora semisconosciuto Peter Ramsey ma che oggi ha alle spalle una discreta, e molto premiata, filmografia. Anche qui il nostro Guillermo ha fatto centro! ^_^
Le 5 leggende incanta in modo speciale per la forza dei sentimenti che emana, costringendo i più piccoli ad una facile immedesimazione e chi lo è stato tanto tempo fa a riscoprire il bambino che è in sé. È un vero piacere perdersi in questa storia divertente, commovente, edificante e dal sapore universale. :D


BUON NATALE A TUTTI!!! :D
ed un grosso abbraccio dal vostro 
ranmafan

martedì 20 dicembre 2022

Phantom - Alla ricerca del teschio sacro



Titolo originale: The Phantom<
Nazione: USA
Anno: 1996
Genere: Azione, Avventura
Durata: 96'
Regia: Simon Wincer
Cast: Billy Zane, Kristy Swanson, Treat Williams, Catherine Zeta-Jones, James Remar, Samantha Eggar


Trama:
Giungla del Bengala, 1938: un gruppo di malfattori è alla ricerca di teschi magici per conto dell’antica setta della Fratellanza Singh. Qualora ne ottenessero tre il loro capo avrebbe un potere enorme ma il leggendario Phantom è fermamente deciso ad impedirlo e...

Commenti e recensione light:
L'Uomo Mascherato, perché è così che i veterani lo conoscono davvero, è il padre di tutti i supereroi senza superpoteri. È dotato di caratteristiche fisiche al limite del sovrumano, certo, ed infatti eccelle in velocità, forza, intelligenza, logica ed intuizione ma deve tutto ciò solo all'allenamento ed alla dedizione. A parte la forza, le sue armi sono due normalissime Colt 42 che, ovviamente, non sbagliano mai un colpo. Bonariamente colonialista, quasi roosveltiano, è il prototipo del giustiziere palestrato della porta accanto come Batman, Ironman ed il loro precursore Zorro.
L'Uomo Mascherato, nato dalla penna di Lee Falk (il papà di Mandrake) e ritratto splendidamente da Ray Moore nasce nel '36 e, già tre anni dopo, è un tale successo da ottenere la sua tavola domenicale fissa (le trovate tutte, nella storica edizione dei Fratelli Spada, allegate come mio regalo prenatalizio ^_^).
Questo lungo preambolo è necessario per spiegare il perché dell'esistenza del film di stasera, Phantom - Alla ricerca del teschio sacro, un tale flop al botteghino americano che nemmeno uscì nelle nostre sale.
Prima di tutto è importante che capiate che questo è un fumettone e, come tale, va visto e goduto; ogni interpretazione, analisi o critica che voglia vederci altro non solo manca completamente il bersaglio ma dimostra anche una totale ignoranza del fumetto.
The Phanthom nasce come un Blockbuster travestito da B-Movie, un lavoro che non vuole essere preso sul serio (anzi, è pieno di autoironia) ma che sotto quel tono fracassone e retrò nasconde un autentico amore per l'avventura, l'eroismo ed il mistero che ammantava le gesta dell'eroe di Lee Falk.
Alle spalle di Phantom ci sono Jeffrey Boam, sceneggiatore di ben tre Arma letale, La zona morta ed Indiana Jones e l’ultima crociata, mentre alla regia c'è un Wincer che ha firmato, tra gli altri, Carabina Quigley, Harley Davidson & Marlboro Man e, soprattutto, Free Willy. Insieme ambientano la storia nel 1938, una data scelta un po’ per fare le cose per bene, dando al personaggio una buona origin story ed omaggiare le primissime strisce di Falk (The Singh Brotherhood e The Sky Band) ed un po’ perché solo un matto, avendone i mezzi, rinuncerebbe alla possibilità di far volare tutti quegli idrovolanti! Miyazaki capirebbe. ^___^
La sceneggiatura di Boam è, a volte, degna di affettuose pernacchie per i dialoghi didascalici ma è anche infarcita di trovate molto gustose e, talvolta, davvero modernissime (tanto da anticipare di anni il trucco con la matita di Joker °_°). Quanto a Wincer, si diverte palesemente, col suo bel budget da 45 milioni di dollari di allora, a giocare con le brutte (per oggi!) computer grafiche anni '90, gli stunt clamorosi e le costosissime scenografie da antologia del kitsch. Quasi lo si sente ridere mentre movimenta le infinite scene d'azione e gli attori, da un Billy Zane migliore del solito a Kristy Swanson, Catherine Zeta-Jones e, soprattutto, l'ottimo villain Treat Williams, si prestano al gioco con ironia e sfrenata vitalità. Anche perché girare in Australia, Thailandia e California dev'essere stato un piacere pure per loro.
Phantom è uno di quei film da vedere SOLO per gustare l'avventura senza nessun secondo fine, proprio come gli Indiana Jones, perché se si pretende di più se ne perde tutto il fascino (e ce n'è tanto, credetemi!). Se poi si ha la fortuna di essere cresciuti leggendo le imprese dell'Ombra che Cammina, non si può non ammirare quanto, malgrado tutto, Boam e Wincer siano riusciti a renderne il carattere tanto da sopraffarci di nostalgia! :D

lunedì 12 dicembre 2022

Nosferatu - Il Principe della notte



Titolo originale: Nosferatu, Phantom der Nacht
Nazione: GER(RFT) - FRA
Anno: 1978
Genere: Drammatico, Horror
Durata: 107'
Regia: Werner Herzog
Cast: Klaus Kinski, Bruno Ganz, Isabelle Adjani, Jacques Dufilho, Clemens Scheitz, Walter Ladengast


Trama:
Jonathan Harker è un ambizioso agente immobiliare incaricato di concludere la vendita di una proprietà in Transilvania ed anche se la sua giovane moglie, Lucy, ha una premonizione e vorrebbe fermarlo, nulla riesce a frenare la sua voglia di successo. Tuttavia, quando arriva ai Carpazi si scontra col conte Dracula, sinistro vampiro assetato di sangue umano, e...

Commenti e recensione light:
Quando venne annunciata la produzione di questo film, la critica salì immediatamente sulle barricate in difesa del capolavoro di Murnau del '22. Da ignorante non mi spiegavo il perché di tanta furia, questo non era certo il primo remake della storia del cinema! Ovviamente, quando ebbi l'opportunità di vedere l'originale, dove la lunga ombra del nazismo che incombeva sulla democrazia malata è addirittura palpabile, ho capito perché fossero tutti così preoccupati ma, per fortuna, anche Herzog aveva amato quella vecchia pellicola ed il suo Nosferatu è decisamente più uno splendido omaggio che non una squallida operazione di marketing.
Benché abbia cambiato i nomi ai personaggi, restituendogli quelli di Bram Stoker che Murnau non aveva utilizzato per motivi di copyright, Herzog ha mantenuto tutto lo spessore e la drammaticità del primo film ma, con la sua sensibilità da Neuer Deutscher Film, gli aggiunge ulteriori e più moderni livelli di lettura. Da un punto di vista artistico-letterario direi che non guarda più solo a Murnau e Stoker ma permea il suo film di brumosità fiamminga e della drammaticità tragica di Poe e Lovecraft, strappando il Male dalla sua raffigurazione stereotipata e rendendolo così spaventosamente tridimensionale che persino l'eroico, seppur inutile, sacrificio della giovane protagonista è solo un inciampo sulla sua avanzata trionfale. La spettacolare e quasi felliniana danza solitaria di Dracula, nella piazza svuotata dalla pestilenza che si è portato appresso, è una scena da antologia ed ha tutta la potenza di un affresco escatologico medievale. °_°
E poi c'è lui, l'inarrivabile Klaus Kinski nella sua interpretazione più sconvolgente!
Mai si era visto un Dracula così memorabile, prigioniero della sua condizione di non morto e condannato ad un'imperitura solitudine priva di qualsiasi sentimento umano. Pallido, calvo e disperato, Kinski è l'esempio perfetto di magica adesione uomo-personaggio: l'insana ferocia, l'assatanata carnalità, la corporalità impetuosa, si fondono in una vis attorica ineguagliabile. Durante tutta la visione si è costantemente attanagliati dal dubbio di quanto sia recita e quanto la reale anima dell'attore. Disse Herzog che "si atteggiava a messia convinto di essere un genio", forse esagerava ma la magnetica trance, che avevamo già visto in Aguirre, ha reso irripetibile la consonanza di Kinski con l'infernale vampiro; mi spiace per Max Schreck, ottimo nella prima pellicola, ma ormai Nosferatu è e sarà solo lui!
Nosferatu - Il Principe della notte, benché realizzato con pochissimi mezzi e remake di un film già importantissimo, grazie al lavoro di Herzog e l'interpretazione del "suo" Kinski è un’opera assolutamente originale ed affascinante che non smette mai di svelare, ad ogni visione, nuovi significati nascosti, vera firma dei più grandi capolavori! :D

lunedì 31 ottobre 2022

Hocus Pocus

Titolo originale: Hocus Pocus
Nazione: USA
Anno: 1993
Genere: Fantastico, Avventura, Commedia
Durata: 96'
Regia: Kenny Ortega
Cast: Bette Midler, Sarah Jessica Parker, Kathy Najimy, Omri Katz, Thora Birch, Vinessa Shaw

Trama:
Tre streghe riescono a ringiovanire succhiando la linfa vitale da una fanciulla e trasformandone il fratello in un gatto. Vengono catturate ed impiccate ma dal patibolo giurano che un giorno torneranno e, infatti...

Commenti e recensione:
Malgrado non faccia parte della tradizione mediterranea, ormai anche da noi Halloween è diventato un fenomeno (soprattutto commerciale) indiscutibile. I puristi lamenteranno la nostra colonizzazione culturale, così come fanno ogni anno criticando gli alberi di Natale, eppure godere di una festa è sempre un piacere e chissene se è d'importazione. Se poi ci si concede il lusso di passarla in famiglia davanti ad un film per tutti come Hocus Pocus, visto e stravisto al punto da diventare un puro classico, allora sarà una festa davvero riuscita! :D
Eppure la nascita di questo gioiellino fu davvero sfortunata perché, per quanto possa sembrare incredibile, un film che addirittura doveva chiamarsi Disney's Halloween House fu portato nelle sale il 16 luglio 1993. In piena estate! Era inevitabile che non ci fosse lo spirito di "dolcetto o scherzetto" quindi né la critica (ma anche qui, chissene) né il pubblico riuscirono ad apprezzarlo nel modo giusto. Se poi si pensa che, in contemporanea, c'erano sugli schermi Jurassic Park, Il socio e Free Willy...
Hocus Pocus fece un tonfo al botteghino di quelli da lasciare il segno persino nella Casa del Topo. Però erano gli anni '90 e, a differenza di oggi (e non approfondisco o ci vorranno ore ^_^), per i film c'erano delle "seconde occasioni", prima tra tutte il videonoleggio. Nel giro di qualche anno, complici alcuni passaggi in TV nelle date giuste, cominciò a crearsi un pubblico sempre più importante e, con il VHS prima ed il DVD poi, si ritagliò quello spazio che, a Natale, è occupato da Una poltrona per due. Se al cinema era stato ignorato, spopolò sui televisori casalinghi.
Hocus Pocus ha sì qualche difetto, primo tra tutti degli effetti speciali forse accettabili per il suo target ma, per tutti gli altri, di qualità ben misera, però compensa con un cast molto al di sopra di quanto ci si aspetterebbe, una colonna sonora meravigliosa ed una storia che, benché scritta per i giovanissimi, ha una buona trama, piena di colpi di scena e dinamica. Inoltre si vede benissimo che, nei panni delle tre fantastiche streghe, il trio Midler, Parker e Najimy si è divertito un mondo ed infatti, con l'aggiunta dell'ottima interpretazione della piccola Thora Birch, ha trasformato quello che poteva essere un filmetto TV in questo Cult.
Vale davvero la pena di rivedere, come ogni anno, questo piccolo grande classico che, pur non essendo molto originale, coinvolge pienamente lo spettatore, che sia adulto o bambino, e non gli permette mai di annoiarsi. Ogni volta regala ironia, qualche brivido, una buona dose di avventura fracassona e quell'immancabile tocco buonista che lo rende perfetto per ogni età! :D

domenica 2 ottobre 2022

Xanadu

Titolo originale: Xanadu
Nazione: USA
Anno: 1980
Genere: Commedia, Musicale
Durata: 88'
Regia: Robert Greenwald
Cast: Olivia Newton-John, Gene Kelly, Michael Beck, Sandahl Bergman, Katie Hanley, Dimitra Arliss

Trama:
Tersicore, musa della danza, scende sulla Terra con il nome di Kira (ed un paio di schettini ai piedi). Come da sua natura ispirerà Sonny, disegnatore con la testa fra le nuvole, a dare una svolta alla sua vita, aiutandolo nell'ambizioso progetto di mettere in piedi un locale da ballo e...

Commenti e recensione:
Xanadu è il frutto di un parto travagliatissimo e, per molti versi, davvero sfortunato.
Ideato come un roller-disco movie a basso costo, si è trovato, sin da prima delle riprese, in concorrenza con ben altri due titoli analoghi, per di più già nelle sale. Venne quindi deciso di cambiare rapidamente obbiettivo e mirare più in alto, fondendo (ma sarebbe più corretto dire "mescolando", perché proprio non si può parlare di "fusion" ^_^) i ritmi degli anni '80 con il puro Musical del '40. Per questo venne ingaggiata, tra gli altri, un'icona come Gene Kelly che, in realtà, accettò questo suo ultimo ruolo principalmente perché gli Studios erano vicini a casa sua. La bellissima scena in duo con Olivia Newton-John venne addirittura girata a riprese terminate ed in assoluto isolamento, con appena un cameraman ed un assistente. Tra "gli altri" si annoverano decine e decine di ballerini, pattinatori e coreografi.
In tutto questo, ovviamente il copione dovette essere rivisto più volte da cima a fondo e la Newton-John, che questo film avrebbe dovuto consacrare a Star, si lamentò con veemenza per i problemi di recitazione dovuti ai continui cambiamenti nella sceneggiatura.
Per sopperire ad una trama per forza di cose zoppicante, la produzione moltiplicò da 4 a ben 20 milioni di dollari il budget, che venne speso in gran parte in scenografie (effettivamente strepitose!) ed effetti speciali. Il solo set della discoteca costò un milione e, durante la post produzione, ancora si discuteva se aggiungere nuovi e migliori effetti, mentre i costi salivano alle stelle. Per inserire la canzone Don't Walk Away, fuori programma ma fortemente voluta dagli ELO, per non richiamare attori e troupe già dispersi si decise di ricorrere ad una sequenza in animazione. "Perché limitarsi quando si può contare su un budget così ricco?" si saranno detti durante il brainstorming. Venne prontamente ingaggiato il grande Don Bluth, strappato per l'occasione dalla realizzazione di Brisby e il segreto di NIHM e lautamente ricompensato per aver consegnato i suoi sue minuti e sette secondi nei tempi stabiliti. La Universal fu costretta ad anticipare la data di uscita di sei mesi, da Natale 1980 all'estate dello stesso anno, al solo scopo di porre un freno ai voli pindarici del regista e dei produttori! XD
Nelle sale Xanadu fu il più puro dei flop. Criticato unanimemente dal pubblico e dagli specialisti, recuperò a malapena, e con grandissima fatica, i costi. I fiasco fu così totale che ispirò John Wilson a creare i Golden Raspberry Awards, più noto come Razzies. Anzi, proprio Robert Greenwald "vinse" il primo Razzie per il peggior regista dell'anno ed il film ottenne ben sei nomination per altri premi.
Nel frattempo, però, l'album della colonna sonora raggiugeva i vertici delle classifiche USA e UK, ottenendo il Doppio Platino in entrambi gli stati e piazzando ben cinque titoli nelle Top 20. A scopo chiaramente didattico, troverete l'OST nella cartella. ; )
Probabilmente è proprio per questo che Xanadu non è finito subito nella discarica dell'oblio e, anche se lentamente, è diventato un Cult per diverse nicchie di amatori: quella di coloro che si sono innamorati della trama fantasy vecchio stile, quelli che hanno apprezzato la commistione di Musical anni Quaranta con l'estetica e la musica rock/pop di fine degli anni '70, i fan (come il sottoscritto) degli Electric Light Orchestra e, ovviamente, quelli della Newton-John. Non sembrerà un granché ma pare sia un bel po' di gente. ^_^
Pur essendo il canto del cigno del Musical classico (e di un cigno decisamente sofferente), con le bellissime scenografie, i coloratissimi costumi, le coreografie d'altri tempi, organizzate al millimetro, gli effetti visivi e, ciliegina, la sequenza animata di Don Bluth, Xanadu desidera solo farci sognare, mesmerizzandoci con l'aura blu Electric (Light) delle muse e le note indimenticabili della strepitosa colonna sonora; e allora, lasciamoglielo fare! :D

lunedì 25 luglio 2022

Watang! Nel favoloso impero dei mostri

Titolo originale: Mosura tai Gojira (モスラ対ゴジラ, lett. "Mothra vs. Godzilla")
Nazione: JAP
Anno: 1964
Genere: Fantascienza
Durata: 95'
Regia: Ishirō Honda
Cast: Akira Takarada, Herbert King, Joseph Hall, Frankie Sakai, Hiroshi Koizumi, Ken Uehara

Trama:
L'impresario Kumayama esibisce alla curiosità della gente un gigantesco uovo rivenuto dopo un maremoto. Purtroppo l'uovo è sacro per gli abitanti della favolosa Infant Island, esseri di piccolissime dimensioni che venerano la dea falena Mothra e che guardano con ostilità gli uomini, colpevoli, tra l'altro, di inquinare l'ambiente con gli esperimenti atomici. Quando le fate gemelle Sobijin vengono a reclamare l'uovo, Kumayama pensa di aggiungere anche loro alla sua attrazione ma nel frattempo l'immenso Godzilla è emerso dal terreno e...

Commenti e recensione:
Quarto film del "franchise ante litteram" di Godzilla, Watang! è frutto di un team-up tutto interno alla Toho. La gigantesca farfalla Mothra (che richiama i termini inglesi di falena e madre) era nata già Star con la sua prima pellicola di un paio di anni prima e qui ha ottenuto la consacrazione. Staccando più di tre milioni di biglietti al botteghino è diventata uno dei mostri più amati dal pubblico nipponico (e non solo: sarà citata anche in Mostri contro Alieni); da allora la falenona comparirà meno del suo collega rettile ma collezionerà comunque ben 13 titoli, di cui quattro da protagonista. La ragione del suo successo, per niente scontato vista la sua assoluta mancanza di espressività, va cercata nel ruolo che, con quella sua bellissima aura di Protettore della Natura, gli infonde Honda: è il wrestler buono per cui fare il tifo, impossibile da non amare.
La regia di Ishirō Honda è sempre di un livello assolutamente superiore ed anche qui non fa eccezione, sfruttando benissimo il cinemascope (Tohoscope, per la precisione ^_^) e mostrando subito di cosa sia capace: il maremoto che sconvolge le coste giapponesi sui titoli di testa dà alle sue riprese una spettacolarità che verrà mantenuta per tutte le altre scene ad effetto del film!
A differenza dei precedenti Godzilla, Watang! si presenta come una fiaba musicale, tra l'altro di fattura così pregevole che qualche giornale americano l'ha persino paragonato ai prodotti Disney, ed è diventato subito un piccolo cult che vanta ancora un nutrito esercito di fan. E con ottimi motivi: il film è decisamente una tra le più riuscite produzioni della Toho dopo il Gojira del 1954, sia sul piano narrativo, carico di toni poetici e favolistici, sia per l’alta qualità della regia che degli effetti speciali di Eiji Tusburaya. Oggi quest'ultimi possono sembrare quasi puerili ma all'epoca erano tra i migliori mai visti, ammirati persino da Harryhausen.
Ancora oggi non mi spiego perché, dopo i successi di pellicole come Latitudine Zero, questo capolavoro non venne immediatamente distribuito in Italia; da bambini avremmo giocato alle sue avventure per mesi. Questa mancata distribuzione cinematografica italiana ha fatto sì che, ancora oggi, da noi il titolo non sia particolarmente conosciuto. Persino nella bellissima edizione DVD su cui ho messo le mani la traccia italiana è incompleta e quindi, per garantire una comprensione della storia, i sottotitoli sull'audio originale fanno spesso capolino. Peccato però che il pessimo adattamento d'epoca, a cui dobbiamo sia una locandina incomprensibile che l'arbitraria trasformazione di Mothra in Watang (che viene persino definita "un'ape gigante" ^_^), sia stato mantenuto anche nei sottotitoli, vanificando così una facile occasione di chiarezza nei confronti del pubblico.
Ma non importa, resta comunque uno dei migliori "Monster Movie" di sempre, con le magiche fatine gemelle Aelinas (interpretate dalle cantanti, gemelle anch'esse, Emi e Yumi Ito, celebri in Giappone come The Peanuts), il tono insieme favolistico e fantascientifico, la brutale forza distruttiva di Godzilla (che quest'unica volta, per misteriosi motivi emerge dalla terra e non dal mare °_°) o la denuncia, ma fatta con il garbo delle macchiette di Totò, contro i capitalisti profittatori senza scrupoli. E poi, ovviamente, l'impegno ambientalistico ed antinucleare di Honda che influenzerà così tanto l'opera di quel Kurosawa di cui sarà, fino alla fine, l'ispiratore e confidente.
Nonostante qualche ingenuità narrativa ed alcuni momenti (piacevolissimi!) di umorismo involontario, Watang! Nel favoloso impero dei mostri è un gioiello kaiju quasi miyazakiesco, da vedere assolutamente e da mostrare, con affetto, anche alle nuove generazioni! :D

venerdì 31 dicembre 2021

Sinbad il marinaio



   

Titolo originale: Sinbad the Sailor
Nazione: USA
Anno: 1947
Genere: Avventura
Durata: 117'
Regia: Richard Wallacer
Cast: Douglas Fairbanks jr, Maureen O'Hara, Anthony Quinn, Walter Slezak

Trama:

L'astuto e coraggioso Sinbad ha trovato la mappa che conduce alla misteriosa isola di Derjabar dove è nascosto il tesoro di Alessandro Magno. Naturalmente anche altri temibili avversari sono sulle tracce di quel tesoro e...

Commenti e recensione:
Astuzia, temerarietà, spirito d'avventura, attrazione per il rischio ed un'incredibile capacità di volgere a proprio favore le situazioni più disperate: ecco le caratteristiche di Sinbad il marinaio, l'Ulisse arabo superstar de Le mille e una notte. In realtà, nelle sue avventure è anche spietatamente cinico ma Hollywood ha ripulito questo suo aspetto e, con la faccia (ed il fisico!) di Fairbanks jr., lo ha trasformato in una simpatica canaglia dal cuore d'oro, quasi una parodia di se stesso, un simpatico pirata non troppo diverso dal Lupin III di Monkey Punch. ^_^
Fairbanks jr. è il divo assoluto, con la sua recitazione un po' pomposa, chiaramente figlia del muto e forse fuori tempo massimo persino per quegli anni, ma davvero irresistibile; ogni battuta, ogni movimento, li compie con la grazia di un ballerino di danza classica. Sinbad è forse il film in cui Junior è degno figlio del suo babbo per scatto ed umorismo. E che dire della bellissima O'Hara (che abbiamo visto recentemente in Un uomo tranquillo)? Vogliamo parlare della sua bravura e capacità di dare un vero spessore alla maliarda Shireen? No, basta quello che disse, molti anni dopo, Clint Eastwood: “Tutti siamo stati innamorati di Maureen O’Hara”. In realtà tutto il cast è stato scelto con grandissimo gusto e benché il giovanissimo Anthony Quinn sia ancora un po' rigido, Walter Slezak è uno dei vilain più improbabili e riusciti di tutti i tempi.
Richard Wallace si destreggia benissimo tra tutte queste prime donne e, pur con un copione che nulla ha a che vedere con quelli storici, ricrea tutta la magia che Sherazade immaginava per il suo principe. Grazie alle risorse di Hollywood, esalta al meglio le sorprese straordinarie di George Yates, maestro degli effetti speciali paragonabile a Harryhausen.
Ovviamente oggi siamo abituati a ben altro ma che importa se nessuno degli attori è anche solo vagamente orientale? Abbiamo la fantasia ed è lei che mette le ali a questo capolavoro, uno dei più famosi film d’avventura dell’epoca classica ed ancora oggi meraviglioso. I costumi, la regia, gli attori ed uno sfavillante Technicolor, testimonianze di un tempo passato, ci regalano un sogno forse un po' vintage ma sempre bellissimo da rivivere. :D


A tutti voi, miei cari lettori:

Felice 2022!!

^__^

giovedì 23 dicembre 2021

Klaus - I segreti del Natale



   

Titolo originale: Klaus
Nazione: Spagna
Anno: 2019
Genere: Animazione, Avventura, Commedia
Durata: 97'
Regia: Sergio Pablos

Trama:

Jasper, il peggior postino dell'Accademia, viene mandato in servizio su un'isola vicina al circolo polare artico, dove i litigiosi abitanti non scrivono lettere. Jesper sta per gettare la spugna quando conosce un solitario falegname di nome Klaus; grazie a questa improbabile amicizia prova a cambiare qualcosa e...

Commenti e recensione:
Benché questo sia il suo debutto alla regia, Sergio Pablos non è uno sconosciuto: è cresciuto nei ranghi degli animatori del Rinascimento Disney ed è, tra le altre cose, l'autore di Cattivissimo me. Suoi sono gli indimenticabili Pippo di In viaggio con Pippo (di cui Japser è quasi certamente un parente) ed Ade di Hercules ma ha dato vita anche a molti side-characters amatissimi, quali Frollo, Tantor in Tarzan ed il Dottor Doppler ne Il pianeta del tesoro.
Anche se c'è tantissima Disney, in questo film Pablos non ha esitato a mettere molto di più ed è divertente scoprire le mille citazioni, alcune palesi ed altre talvolta davvero ben nascoste, che ci ha infilato. La più ovvia è quella a Yojinbo (o alla sua versione western Per un pugno di dollari). ^__^
Tecnicamente Klaus è un gradevolissimo ritorno al passato, con il suo 2D in tecnica mista ed un design dei personaggi variegatissimo ed estremamente, se non esageratamente, caratterizzante: Klaus, Jesper ed Alva sono i più realistici, i Krums e gli Ellingboes hanno forme sproporzionate, arrotondate e caricaturali, ed il popolo dei Sámi (che parla una lingua tutta sua, mai tradotta) ha un aspetto regale e fiero.
Oggi il 2D può apparire un limite tecnico ma leggetelo piuttosto come una scelta precisa che partecipa del messaggio del testo. Certo, pensando a tutti i nuovi cartoon interamente realizzati al computer, fanno quasi tenerezza questi artisti che hanno dovuto disegnare a matita ogni personaggio e, soprattutto, ogni location creando 3160 layut di scena... ma ne è valsa sicuramente la pena! Lo speciale software francese, inventato per l'illuminazione scenica, è solo un'elegante aggiunta tecnologica ad un film realmente frutto di matite e pennelli.
Peccato che questo film, primo lungometraggio animato targato Netflix, non sia praticamente mai passato per le sale perché così non abbiamo un metro di paragone ufficiale ma l'emittente dichiara che circa 30 milioni dei suoi abbonati l'hanno visto e, se fossero andati al cinema, si potrebbe parlare di un vero successo; spiace solo che non abbia vinto il meritatissimo Oscar perché è sicuramente migliore di Toy Story 4.
Pablos ci ha regalato un film di pura magia in cui crea una delle genesi di Babbo Natale più intriganti e sorprendenti della storia del cinema; è una meraviglia per i più piccoli ma, soprattutto, un tuffo al cuore per i più grandi. La verità è che ti aspetti un filmino ed, invece, scopri un gioiello assolutamente imperdibile, da vedere e rivedere mille volte! :D



BUON NATALE A TUTTI!!! :D
ed un grosso abbraccio dal vostro 
ranmafan

venerdì 10 settembre 2021

Last Action Hero - L'ultimo grande eroe

   

Titolo originale: Last Action Hero
Nazione: USA
Anno: 1993
Genere: Commedia, Azione, Fantastico
Durata: 131'
Regia: John McTiernan
Cast: Arnold Schwarzenegger, Anthony Quinn, Charles Dance, F. Murray Abraham, Art Carney

Trama:

Il piccolo Danny idolatra Jack Slater, invincibile poliziotto di un serial cinematografico. Il vecchio proiezionista Nick, suo amico, gli promette un'anteprima esclusiva del nuovo episodio e gli dà anche un magico biglietto avuto da suo padre dal grande Houdini. Durante la proiezione il biglietto si attiva, trasporta il ragazzo nel film e...

Commenti e recensione:
Per tutto il precedente decennio, McTiernan fu autore di film d’azione di grande qualità come Caccia a Ottobre Rosso, Predator o Trappola di cristallo, quel cinema anni Ottanta tutto rumore, esplosioni, sparatorie, sganassoni e ritmi narrativi survoltati. Non che il genere fosse destinato a sparire, anzi: negli anni si sarebbe evoluto, grazie alla computer grafica, in ritmi sempre più adrenalinici.
Last Action Hero invece è il glorioso canto del cigno dell’analogico! McTiernan ne è assolutamente cosciente e, per dargli il giusto valore, non esita ad ingaggiare i più grandi nomi dell'epoca, primo tra tutti un muscolare ed in carne ed ossa Schwarzenegger (sempre orgoglioso di eseguire i ciak più pericolosi senza controfigura né aiutini o ritocchi al computer) facendo diventare la sua una delle produzioni più costose della storia.
L’innesco narrativo è elementare e di lunga tradizione perché il salto di uno spettatore entusiasta, catapultato a fianco del suo eroe d’azione preferito nell’universo fantastico del film, dà al regista la possibiltà di prendere in giro sia il mondo di celluloide che quello reale. McTiernan, benché lontano da qualsiasi forma di intellettualismo, gioca scopertamente, anche in modo autoreferenziale e perfettamente d'accordo con Schwarzy, con la teoria del cinema, le retoriche americane dei blockbuster e riempiendo le scene di camei di Jim Belushi, Jean-Claude Van Damme e Melvin Van Peebles, in un puro esempio di metacinema. O piuttosto, come direbbe De Curtis, meta cinema e metà Hollywood.
Ricco di citazioni ed auto citazioni spesso geniali (Abraham è cattivo perché ha ucciso Mozart, Sharon Stone in attesa di essere interrogata in centrale, il poster di Stallone che ha interpretato Terminator, l'intervento della Morte del Settimo Sigillo...) ne è venuto un film decisamente più intelligente del tipo di fruizione al quale si offre e, per questo motivo, malgrado fosse stato concepito con l'obbiettivo di sfondare nelle sale, Last Action Hero si rivelò invece un clamorosissimo flop di botteghino: il pubblico, che si aspettava un'altro Predator, non perdonò a McTiernan e Schwarzenegger (anche produttore esecutivo) di avere cervelli meno banali dell'americano medio.
Sebbene alcuni critici l'abbiano descritto come un film crepuscolare (sic! immagino perché rappresenta il "tramonto dell'analogico"), in realtà ci troviamo davanti ad un glorioso giocattolone che noi, non americani medi, possiamo godere nelle sue tantissime sfumature. Intelligente, gentile e spiritoso, questo delirio cinefilo da cento milioni di dollari sarà forse sprecato per i ragazzini ma è perfetto per noi adulti in vena di giocare ed è quindi da rivedere, rivalutare e godere senza pregiudizi. ^__^

giovedì 24 dicembre 2020

Il ladro di Bagdad - 1961




Titolo originale: Il ladro di Bagdad
Nazione: ITA
Anno: 1961
Genere: Azione, Avventura, Fantastico
Durata: 100'
Regia: Bruno Vailati
Cast: Steve Reeves, Giorgia Moll, Antonio Battistella, Arturo Dominici, Daniele Vargas, Luigi Visconti

Trama:
Per guarire la principessa di Bagdad da una misteriosa malattia occorre l'influsso magico di una introvabile rosa azzurra ed il sultano, disperato, promette di dare la figliola in sposa a chi sarà capace di trovarlo. In gara, con principi famosi e valenti guerrieri, scende anche il ladro Karim e...   

Commenti e recensione:
Il ladro di Bagdad ha avuto ben tre versioni: la prima, che da anni cerco in qualità decente, con Fairbanks; la seconda del '40 con Sabu e Conrad Veid, con cui vi ho già deliziato esattamente un anno fa; ed infine questa. Delle tre, questa con Steve Reeves è senza alcun dubbio la meno importante, anche perché non ha alle spalle i potenti mezzi, tecnici ed economici, di Hollywood o dei Denham Studios. C'erano solo la creatività e la poesia della Titanus di allora con cui, volendo, si poteva fare tantissimo anche lavorando a Cinecittà, dintorni laziali e rapide puntate in Tunisia!
Vi tralascio quanto scrivono i critici di professione perché questo film, ai loro occhi, è il peggio del peggio: soggetto da fiaba (ergo: per bambini, orrore), produzione italiana, nessun impegno politico (e ci mancherebbe!)... No, non sono commenti che possano interessare a chi non ha mai visto questo gioiellino!
Il ladro di Reeves è "solo" uno sfavillante film d'avventura dai toni fantastici, con principesse di cui innamorarsi, danzatrici discinte, foreste incantate ed un Oriente immaginario, lussureggiante e lussuoso. Si dice che, all'epoca, il cinema italiano osasse davvero sfidare i mostri sacri ma, a mio avviso, aveva solo meno puzza sotto il naso e non si vergognava a realizzare titoli per il suo pubblico, magari sfruttando la fama di lavori esteri premiatissimi. Erano gli anni dei peplum (noi rustici li chiamavamo sandaloni) e Reeves era il bellissimo americano culturista da usare, di volta in volta, come Ercole o Sandokan. Qui ci delizia con una scena a torso nudo, che in quegli anni faceva sciogliere le signore, e diverse sequenze in magliettina che, man mano, si strappa durante le sfide che il nostro deve superare mentre ci mostra i possenti pettorali. La sua recitazione, nei panni di un improbabile ladro, è un po' impacciata e goffa ma il suo volto (con un'unica espressione ma, per sua e nostra fortuna, adattissima) ed il suo fisico sono tra i più belli mai passati sugli schermi. Il resto del cast, staff compreso, è ben al di sopra della media di una simile produzione e sia la fotografia che gli effetti quasi-speciali (straordinarie le scenografie, con trucchi e sovrapposizioni, che rendono irriconoscibili posti assai noti come le cascate di Monte Gelato, a quattro passi da Roma) sono davvero piacevoli. Nell'insieme, una fiaba ben girata e ben raccontata, perfetta per risvegliare tutto l'entusiasmo per l'avventura che deve esserci in ciascuno di noi.
Questo, come dicevo sopra, per quanto riguarda color che non conoscono il film. Tutti gli altri so già che hanno avuto la gioia di vederlo, a suo tempo, direttamente al cinema, rigorosamente accompagnati da un genitore. Il genitore brontolava per tutto lo spettacolo perché pensava di averci portato a vedere un'altra versione e doveva accontentarsi di questo ma noi, veramente bambini, ci siamo creati dei ricordi così felici da quelle proiezioni che, ancora oggi, non abbiamo alcun bisogno di giustificare il piacere che Il ladro di Bagdad continua a darci! :D




BUON NATALE A TUTTI!!! :D
ed un grosso abbraccio dal vostro 
ranmafan

martedì 22 dicembre 2020

Il bambino d'oro




Titolo originale: The Golden Child
Nazione: USA
Anno: 1986
Genere: Azione, Avventura, Commedia, Fantastico
Durata: 93'
Regia: Michael Ritchie
Cast: Eddie Murphy, Charles Dance, Charlotte Lewis, J.L. Reate, Victor Wong

Trama:
Sardo Numspa, il male in persona, rapisce in Tibet il bambino che, ogni mille generazioni, nasce con magici poteri capaci di salvare il mondo. Gli orientali si rivolgono a Chandler Jarrell, esperto californiano di bambini scomparsi e...  

Commenti e recensione:
Ci sono cult il cui successo è non solo voluto ma cercato e creato a tavolino, opere che sono progettate per diventare un riferimento dell'entertainment cinematografico e che fanno la storia della Settima Arte. Poi c'è questo.
No, Il bambino d'oro decisamente non è nato sotto una buona stella ed il suo sviluppo, raffazzonato e sconclusionato, avrebbe dovuto decretarne la morte in culla. Tutto comincia già dalla stesura, che doveva essere un'avventura dark, molto drammatica e carica di elementi tanto esotici quanto soprannaturali in stile Poe. Con queste premesse era praticamente inevitabile chiamare John Carpenter che, invece, abbandonò il progetto per dedicarsi al molto simile Guaio Grosso a Chinatown. Si chiamò d'urgenza il mestierante Michael Ritchie.
Il ruolo principale venne affidato a Mel Gibson che, come Carpenter, si ritirò all'ultimo momento e la produzione ripiegò sull'ancora poco costoso Murphy. Il giovane attore aveva alle spalle "solo" Beverly Hills Cop ma prometteva bene eppure, malgrado molti sforzi, non fu possibile fargli cambiare registro recitativo e si dimostrò inadatto ai ruoli cupi. Per evitare un disastro completo venne rapidamente riscritta la sceneggiatura, riadattandola alla meno peggio per il nostro sboccatissimo attore, che sparava battute a raffica senza mai fermarsi, e trasformando il film in una commedia dai toni molto più leggeri.
Avete presente un guazzabuglio? Ecco cosa è uscito da quel progetto a troppe mani; in pratica un disastro annunciato a cui la critica non ha lesinato nessuna sferzata scagliandogli, metaforicamente, tutti i pomodori marci a sua disposizione. Il pubblico, invece, non ha capito niente e, infatti, ha fatto sì che il film incassasse la bellezza di 80 milioni di dollari contro gli appena venticinque spesi. Questo pubblico, non ti ci puoi mai fidare! ^__^
La verità è che, anche tenendo in considerazione il caos generato da uno script troppe volte rimaneggiato, sia i personaggi che la vicenda in generale riescono comunque ad appassionare. Michael Ritchie sembra godersela un mondo ed il suo approccio, perfettamente abbinato allo stile di Murphy, è di uno sfottò così puro da raggiungere proporzioni soprannaturali mentre imbastisce una commistione di generi che eccede palesemente nei toni e sfiora il puro trash. In pochi minuti riesce a passare dai mantra tibetani alla musica synt anni '80 fino alle strade della California ed alle pagine di un porno: un unico volo che ci porta dal Salvatore del Mondo ad una rivista intitolata Chunky Asses (culi pesanti) XD. Poi, non si può negarlo, ci mette anche tutto il suo mestiere, un bel po' di effettacci speciali e la perfetta gestione del suo petulante protagonista, impregnato di basso sottotesto culturale televisivo da parodia di americano.
È impossibile non notare tutti gli errori di questo film eppure è sempre, ogni singola volta, una gioia da vedere. Forse è perché frequento solo gente sbagliata ma non ho mai incontrato nessuno che abbia detto "adesso basta, togli 'sta robaccia" perché Il bambino d'oro ha un'unico e fondamentale requisito: diverte! :D

 

mercoledì 9 dicembre 2020

Pagemaster - L'avventura meravigliosa




Titolo originale: The Pagemaster
Nazione: USA
Anno: 1994
Genere: Fantastico, Animazione, Avventura
Durata: 75'
Regia: Joe Johnston, Pixote Hunt
Cast: Macaulay Culkin, Christopher Lloyd, Mel Harris

Trama:
Il timido Richard Tyler trova riparo dal temporale in una biblioteca e vi si risveglia sotto forma di cartone animato. Vuole tornare alla normalità ma anche con l'aiuto di tre libri dall'aspetto umano dovrà darsi molto da fare e...  

Commenti e recensione:
Negli anni ’90 Pagemaster riprende, quasi fuori tempo massimo, il filone fantastico ed avventuroso con piccoli eroi che era stato gettonatissimo nel decennio precedente. In realtà si scoprirà, negli anni a venire, che il genere ha ancora una certa vitalità e che dovrebbe sopravvivere... almeno finché i bambini continueranno a crescere. ^_^
Per questo film Johnston sfrutta uno dei filoni base del genere: la fuga nella lettura; anche Bastian ne La Storia Infinita si rifugiava, al chiuso e ben lontano dalle grinfie dei bulli, con un libro pronto a regalargli un’esperienza straordinaria. Ritengo che questo topos nasca dall'associazione della lettura delle fiabe prima di andare a dormire, da parte dei genitori o, più avanti, dai bambini stessi, a letto e magari con una torcia elettrica, con la fantasia pre-onirica che si scatena. [Piccola parentesi intellettualoide] Le fiabe stesse, dopotutto, non nascono come semplici racconti per bambini ma come narrazioni simboliche per descrivere il percorso iniziatico verso la conoscenza e proprio la fantasia liberata, e poi controllata, è una delle strade che fa crescere e matura. [Fine parentesi intellettualoide]
Nel suo film successivo, quel Jumanji che già vi ho proposto anni fa, lo strumento per l'evasione dalla realtà e, contemporaneamente, di riflessione e crescita, sarà un gioco da tavolo ma il processo logico alla base della storia è identico. Non è una banale ripetizione, è che questi -distacco, iniziazione, crescita e ritorno- sono i percorsi formativi fin dall'età della pietra; non serve approfondire né la trama né i personaggi perché sono solo tappe e maschere di una storia antica e già nota al destinatario del messaggio.
Perché dico tutto questo? Perché chi ha criticato la mancanza di spessore di Pagemaster e del suo povero protagonista e la superficialità della storia (e sono stati in tanti, credetemi) si è evidentemente scordato le regole base della favolistica e, soprattutto, le motivazioni che le hanno generate: le strutture mentali infantili stesse. Johnston, invece, queste regole le conosce molto bene, come la ripetizione degli schemi ed il tripartitismo delle storie, e le sfrutta scientemente. Ecco quindi i tre accompagnatori, Horror, Avventura e Fantasy, così simili, non a caso!, ai tre spiriti de Il Canto di Natale. Ognuno farà da cicerone in una macroarea del mondo letterario, ed ognuno regalerà a Richard un punto di vista nuovo. Chi non ha capito niente del film ritiene che il messaggio sia un'incitazione a leggere (analisi ovviamente sbagliata perché l'assurda cultura di Richard, in un periodo pre-internet, poteva venire solo da una sua già esistente passione per i libri) mentre è invece un invito a "fare cose mai fatte per diventare le persone che non si è mai state".
Dopo aver speso 27 milioni di dollari, Pagemaster ne incassò nelle sale appena 13 e Macaulay si beccò una candidatura al Razzie Award come peggior attore eppure, paradossalmente, in VHS ebbe un successo incredibile! Questo perché l'home video, che non richiedeva alcun aiuto da parte degli adulti (anzi, se ben ricordo erano ibranatissimi) era il mezzo privilegiato di tutti i bambini, unici e veri destinatari del film. Ed infatti, benché siano passati molti anni, quegli ex bambini ricordano ancora oggi con affetto questo film e lo rivedono sempre con grande piacere (malgrado Mr Hyde tormenti ancora i loro incubi). Non importa che i disegni siano di una qualità inferiore a quelli coevi della Disney o di Don Bluch, non importa che la trama sia superficiale e sconclusionata, non importa che la bicicletta di Richard sembri una versione tarocca delle moto di CHiPs o che a Christopher Lloyd tocchi un ruolo che, nella vita reale, gli costerebbe una denuncia per abusi, conta solo che, al termine delle avventure visionarie e fantastiche, ci si senta cresciuti, più maturi, piccoli adulti idealizzati, esattamente come ci succedeva dopo aver letto, prima di dormire, le pagine del Gatto con gli stivali o di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Se siete tra questi ex bambini ed avete consumato irrimediabilmente la vostra videocassetta, sapete già cosa fare. Se siete tra quelli che hanno criticato questo film perché non lo capiste, forse può interessarvi un nuovo approccio. Se invece siete semplicemente dei bambini diversamente grandi, allora siete ancora abbastanza infantili da apprezzare e godere di questo piccolo e bistrattato cult! :D 

 

venerdì 4 dicembre 2020

Il seme della follia


Titolo originale: In the Mouth of Madness
Nazione: USA
Anno: 1994
Genere: Horror, Drammatico, Fantastico
Durata: 103'
Regia: John Carpenter
Cast: Sam Neill, Charlton Heston, Julie Carmen, Jürgen Prochnow, Hayden Christensen

Trama:
John Trent, investigatore privato, viene incaricato di ritrovare uno scrittore di best-seller dell'orrore misteriosamente scomparso. Il detective finisce coinvolto in una vicenda in cui la realtà si confonde pericolosamente con la fantasia e...  

Commenti e recensione:
Nel 1994 John Carpenter costruisce uno degli horror più lovecraftiani di sempre, ben oltre le opere di Roger Corman o Lucio Fulci, dove l'incubo dà prova di poter esistere al di fuori della ragione, senza dare risposte né spiegazioni, e sostituirsi al reale. Il Seme della Follia non è un film di mostri, né di alieni o d'assassini, non è un horror psicologico, è una storia dell'orrore nella sua interpretazione più pura ed alta, dove l'obiettivo non è la paura ma la sovversione delle certezze dell'uomo e del suo personale concetto di realtà. Carpenter non vuole farci distogliere lo sguardo o gridare di terrore, sarebbe troppo facile: ci cala nell’incubo e ci destabilizza, attrae la nostra attenzione mentre ci distoglie dal mondo circostante costringendoci, in quanto spettatori, a domandarci se siamo ancora tali o se, ormai, facciamo parte anche noi della sceneggiatura.
Quella che doveva essere poco più di una tesina, benché meravigliosamente macabra, dell'opera di Lovecraft (con più di qualche strizzatina d'occhio a Stephen King!) è diventata un perfetto incubo, assolutamente sclaviano negli intenti, su celluloide, ricco di discorsi metaletterari e metacinematografici meravigliosamente messi in scena, una di quelle pellicole che non può invecchiare, esattamente come i racconti a cui fa riferimento perché interconnessi ai pilastri della nostra stessa psiche.
Ci sono tanti altri nomi in questo cast, alcuni davvero illustri, ma l'Intrprete con la maiuscola è, senza alcun dubbio, Sam Neill: questa è, probabilmente, la performance della sua vita! Titanicamente s’impossessa del miglior personaggio offertogli nella sua altalenante, discontinua eppur brillante carriera d’attore, aderendovi ineccepibilmente ed infondendogli, grazie alle sue mille raffinatissime sfumature espressive, un’ambiguità sulfurea. Dopo la sua interpretazione nessun altro potrà vestire i panni di John Trent, uomo freddo e razionale che si ritrova catapultato in una situazione surreale e fuori controllo.
Snobbato dal pubblico e non capito dalla critica al momento dell’uscita nel '94 (fu un flop commerciale così pesante che creò seri problemi al prosieguo della carriera del regista), pur attendendo ancor oggi una piena rivalutazione Il Seme della Follia rimane una pietra miliare per il genere e, cosa più importante, un titolo fondamentale per chiunque ami i film veramente in grado di sconvolgere la mente dello spettatore. È un film tesissimo, apocalittico e folle, da vedere almeno una volta nella vita e, una volta fatto, da rivedere ancora ed ancora! :D

 

sabato 21 novembre 2020

Il curioso caso di Benjamin Button


Titolo originale: The Curious Case of Benjamin Button
Nazione: USA
Anno: 2008
Genere: Drammatico
Durata: 159'
Regia: David Fincher
Cast: Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng, Taraji P. Henson

Trama:
Benjamin Button nasce il giorno della fine della prima guerra mondiale, è un bimbo in fasce ma ha la salute di un novantenne: artrite, cataratta, sordità. Dovrebbe morire il giorno dopo e invece più passa il tempo più ringiovanisce. La sua è una vita al contrario che attraversa il Novecento americano e...  

Commenti e recensione:
C'è molto Forrest Gump in questo Benjamin Button e non è un caso: benché ispirato da un bellissimo racconto di Francis Scott Fitzgerald (che trovate in ebook nella cartella), il soggetto è stato scritto da Eric Roth che, oltre a tanti altri capolavori, firmò anche quel copione per Zemeckis. Raccontando, come in Forrest, un secolo di storia americana, anche qui tutti gli eventi, gli incontri, le gioie ed i dolori del protagonista servono a forgiarne il carattere, in purissimo stile romanzo di formazione... benché per Button tutto si svolga non tanto "al contrario" quanto in modo "diversamente diritto".
David Fincher, dopo pellicole angoscianti come Seven o Panic Room, è alla sua prima esperienza con un film più profondo e se la cava benissimo girando quella è, tra l'altro, una delle love story più romantiche degli ultimi anni. Rispetto ai thriller del passato modifica completamente il suo stile di ripresa ed usa la macchina con più calma, meno frenesia, quasi fosse soltanto un osservatore, rendendo tutto più studiato e rilassato; si nota davvero che la sua formazione non è certo autodidatta! Per riportare al meglio la realtà del personaggio, ha utilizzato la tecnica della motion capture permettendo ad un bravissimo Brad Pitt di vestire i panni di Button da anziano a giovane, mentre i truccatori (Pitt si sottoponeva a ben 5 ore di make-up) impazzivano a seguire i suoi ordini; non è per caso se il film si è aggiudicato l’Oscar (aveva ben 13 candidature!) anche per questa categoria. Non basta comunque la tecnica a rendere grande un film e la fortuna de Il Curioso Caso sboccia nella splendida alchimia creatasi tra Pitt e l'altro modello di bellezza, Cate Blanchet! Come coppia, riempiono il film di fascino ed attrattiva mentre il loro legame ed i loro volti mutabili e sinceri catalizzano irrimediabilmente l'attenzione dello spettatore.
Sebbene il film sia oggettivamente lungo (deve pur sempre raccontare un'intera epoca!) non appesantisce mai lo spettatore: grazie ad una rappresentazione estetica impeccabile, con costumi perfettamente attinenti all'epoca di riferimento ma stilizzati quel tanto da mantenere un candore da fiaba, ed alla toccante colonna sonora che trasforma le note in versi e le tracce in poesie, il trasporto è totale.
Il curioso caso di Benjamin Button solleva dubbi esistenziali senza mai tediare e lo fa tracciando una linea simmetrica che parte dalla nascita di un uomo sino ad un momento prima della sua morte; estremi di vita che, si dice, condividono la stessa tenerezza e sensibilità e che Fincher racconta, con gusto squisito, come una bellissima favola.
Da vedere senz'altro! :D

domenica 8 novembre 2020

Mary e il fiore della strega


Titolo originale: Meari to Majo no Hana (メアリと魔女の花)
Nazione: JAP
Anno: 2017
Genere: Animazione, Fantastico
Durata: 102'
Regia: Hiromasa Yonebayashi

Trama:
Mary va a trascorre le vacanze nella casa di campagna della prozia Charlotte e si annoia. Nei boschi vicini trova un magico fiore ed una scopa volante, grazie ai quali approda al rinomato Endors College, università per streghe nascosta tra le nuvole, e...  

Commenti e recensione:
Lo studio Ponoc, fondato da Hiromasa Yonebayashi, è nato come un rifugio per gli esuli della Ghibli, costretti alle dimissioni dopo i fiaschi al botteghino nipponico di quel gioiello che fu La Principessa Splendente di Takahata e di Quando c'era Marnie, proprio di Yonebayashi. Mary e il fiore della strega è il primo film uscito da quelle mura ed è, come era ovvio visti i componenti del team (gente tipo Kazuo Oga e Yoji Takeshige, ovvero il top del top!), di un livello tecnico altissimo; il soggetto poi, preso da un delizioso libro della Mary Stewart, rispecchia perfettamente le tradizioni ghiblesche. C'è tantissimo Ghibli in questo film, del resto Yonebayashi ha lavorato a La città incantata ed Il castello errante di Howl, ha diretto Arrietty e Marnie e, dopo la scomparsa di Yoshifumi Kondō, a suo tempo lo si era indicato come un possibile erede di Miyazaki. I richiami alle tecniche, alle atmosfere ed allo stile del Maestro sono evidenti al punto che appare chiaro l'intento di non voler assolutamente attuare un "divorzio" da quel modello. Sfondi, inquadrature, character design, colori e musiche, tutto parla un linguaggio troppo noto per non presumere che l'idea sia quella di suggerire allo spettatore di trovarsi di fronte ad un nuovo film Ghibli.
Qual'è, dunque, il problema di Mary? Semplicemente manca Miyazaki: ne manca l'inarrivabile poesia e la capacità tutta sua di inserire, talvolta in dettagli secondarissimi, quella scintilla di amore e dolcezza che lo caratterizza. È accaduto anche per alcuni film della Ghibli, come Arietty o Terramare, solo che da questo, proprio perché segno di una ripartenza, ci si aspettava di più.
Forse un po' troppo di più, perché anche se siamo ancora ben lontani dal perfetto connubio tra stile e narrazione, tra forma e sostanza, che ha garantito a certe produzioni l'egida di capolavori, Mary e il fiore della strega il suo degno lavoro lo fa egregiamente. Yonebayashi non è Miyazaki? Bella forza, e chi lo è? Non potendo competere col Maestro, riduce il suo target di riferimento prevalentemente ai bambini e, a loro, sa davvero parlare. Il suo film ha meno sfaccettature, anche per esigenze di tempo, e si limita a narrare la storia ma la racconta bene ed in modo coinvolgente. Se è inevitabile compararlo ad un Ghibli (anche perché le musiche di Takatsugu Muramatsu che fanno davvero il verso a quelle di Jo Hisaishi) almeno non paragoniamolo ad un Miyazaki Senior! Rispetto ad un Goro, ma anche un Kondō o un Hiroyuki Morita, questo film regge assolutamente il confronto e, in realtà, segna anche molti punti.
Sicuramente perfetto per i bambini, Mary e il fiore della strega può piacere, sia per la bellezza tecnica che per la storia, anche agli adulti "diversamente giovani", come me e come molti di voi.
Da rivedere e rivalutare! :D

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