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domenica 19 novembre 2023

Space Cowboys

Titolo originale: Space Cowboys
Nazione: USA
Anno: 2000
Genere: Azione, Fantascienza, Drammatico
Durata: 110'
Regia: Clint Eastwood
Cast: Clint Eastwood, Tommy Lee Jones, James Garner, Donald Sutherland, Marcia Gay Harden

Trama:
Il principale satellite russo per la comunicazione è in avaria e rischia di precipitare sulla Terra. A causa della sua tecnologia obsoleta solo quattro vecchi componenti del gruppo Dedalus, sciolto alla fine degli anni Cinquanta, sa ancora come controllarlo ma sono davvero avanti con gli anni e...

Commenti e recensione light:
Il conflitto tra generazioni, come quello con le autorità, è uno dei temi classici di Eastwood ma, in questa sua pellicola, ci mostra piuttosto una amabile esaltazione della vecchiaia, sì con i suoi difetti ma anche coi suoi tanti pregi.
Con molto gusto, allegro ottimismo ed una tecnica ineccepibile, l'uomo che una volta era semplicemente quello "con il cappello o senza il cappello" ci ricorda che non si è mai troppo vecchi e che ci si può sempre riprovare. Forse non è nemmeno vero, dopotutto è solo cinema, ma è bello sentirselo dire. ^_^
Benché parlando di tecnica il Nostro non abbia più nulla da invidiare a nessuno (questo film fu presentato a Venezia mentre ritirava il Leone d'Oro alla carriera °_°) Eastwood è ben conscio di non essere un Kubrik ed infatti non prova nemmeno ad entrarci in competizione, né con lui né con tutta quella fantascienza di alto livello e profondi significati metafisici. Preferisce piuttosto immaginare lo Spazio come un'estensione del "suo" Far West, come qualcosa di simile alle torride distese dell'Arizona solcate a cavallo dal pistolero della trilogia di Leone, su cui far correre, un'ultima volta, i suoi cavalieri e mettendo l'eroe, ed ecco un altro dei suoi temi classici, a confronto col suo sogno.
L'anima western di Clint Eastwood si ritrova anche nei ritmi sia di ripresa che di recitazione e si dimostrano straordinariamente adattati al suo modo di recitare (per carattere e per età), al tipo di racconto, alle aspettative del pubblico, alla giusta dose di contaminazione dei generi, al senso dell'avventura ed, ammettiamolo, a quell'orgoglio americano per la responsabilità delle sorti del mondo tutto "fumetto anni '40". Eastwood dosa con misurata sapienza anche il ricorso agli effetti speciali ed allo sproloquio di termini scientifici che abbondano nelle opere, dozzinali e non, di questo genere.
In realtà, che la storia si sviluppi nello spazio è quasi accessorio, benché aggiunga al dramma una prospettiva del tutto funzionale a valorizzarne la narrazione, ma che lo si veda come film di fantascienza o come una storia drammatica, è comunque una delle migliori pellicole a sfondo NASA mai fatte. Ed infatti la NASA ci ha messo davvero tanto del suo, concedendo il Johnson Space Center di Houston e il Kennedy Space Center di Orlando come perfette location.
L'eccellente cast rispetta le grandi aspettative: Eastwood, Jones, Sutherland, e Garner offrono delle prove eccellenti, dimostrando tra loro una chimica innata. I quattro, con le loro godibilissime battute sul confronto ieri-oggi, vecchi-giovani, derisione-ravvedimento, sull'amicizia virile e sulle diverse interpretazioni sulla definizione di rapporto tra i sessi, portano sullo schermo un humor che, inserito nel quadro generale della storia e perfettamente sorretto dai tanti ed ottimi comprimari, funziona davvero bene.
Nel complesso, Space Cowboys è uno di quei film da gustare ed apprezzare, senza contare che riesce a darci quella piacevolissima sensazione che si prova ogni volta che si scopre, come mi è già successo con altri lavori di Eastwood, un inatteso gioiellino. Da vedere assolutamente! :D

venerdì 21 luglio 2023

Aria (The Animation - The Natural - The Origination)

Titolo originale: ARIA アリア (THE ANIMATION - THE NATURAL - THE ORIGINATION)
Nazione: JAP
Anno: 2005-2006-2008
Genere: Slice of live, Fantascienza, Fantastico, Iyashikei
Durata: 24' x 53 episodi (più 6 OVA)
Regia: Junichi Sato
Autore: Kozue Amano

Trama:
È il ventitreesimo secolo ed Akari Mizunashi si è trasferita sul pianeta Marte, ribattezzato Aqua dopo la terraformazione, per diventare undine nella splendida città di Neo-Venezia. Accolta come apprendista presso la Compagnia Aria, esplora le bellezze della della città insieme ad altre tirocinanti, lavorando duramente per esaudire i suoi sogni e facendo nuove amicizie lungo la strada.

Commenti e recensione:
Prima di parlare di questo capolavoro degli inizi del 2000 (il manga della Kozue Amano comincia nel 2001) credo sia necessario dedicare qualche riga al concetto di iyashikei (癒し系), che vedete indicato anche come tag di genere.
Intorno al 1990 cominciò, in Giappone, quello che è comunemente definito il "decennio perduto", frutto dell'esplosione della bolla speculativa degli anni precedenti e che segnò la fine del boom economico del secondo dopoguerra. Oltre ad essere un disastro economico fu, soprattutto, un trauma psicologico per intere generazioni. Il mondo politico, con colpevole ritardo, cercava di salvare il salvabile, ovviamente a scapito dei cittadini e, tanto per gradire (benché di questo nessuno ebbe effettivamente colpe) arrivò il grande terremoto di Kobe, con i suoi 6.000 morti, 40.000 feriti e 300.000 sfollati. Col senno di poi, l'attentato col gas Sarin nella metropolitana di Tokyo è sicuramente da inserire nel contesto di gravissimo disagio sociale che si era creato.
Tutti questi eventi, economici, sociali, politici e naturali, generarono un incredibile livello di stress nel pubblico ed alcune case editrici, che fino ad allora si erano occupate prevalentemente d'azione, decisero di concentrarsi su tematiche più calme e tranquille, facendo nascere il filone iyashikei che, a spanne, si può tradurre con "curativo" o, se vogliamo coglierne meglio il senso, "consolatore".
Gli iyashikei, sottogenere dello slice of life, sono praticamente privi di trama ed il protagonista, generalmente in ambientazioni e scenari rilassanti e meravigliosamente coinvolgenti, si limita a vivere la giornata apprezzando e godendo delle piccole gioie della quotidianità. Non che fosse un'idea nuovissima, già negli anni '80 c'erano stati esperimenti come Magica Magica Emi o, ovviamente, Il mio vicino Totoro, ma è con l'inizio del nuovo millennio che il genere viene formalizzato: lo iyhashi, o boom della guarigione, diventa sia uno stile espressivo che, più prosaicamente, un commerciabile e molto redditizio prodotto editoriale. D'altronde il pubblico sembrava, e sembra ancora, averne proprio bisogno.
Aria, sia manga che anime, incarna tutti i canoni di benessere e guarigione che definiscono il genere iyashikei e ne è considerato, giustamente, l'apice! Akari, la protagonista, ed il resto del cast sono personaggi facili da seguire, con le loro vite relativamente semplici e le delicate avventure come gondoliere. Al di fuori delle attività quotidiane e degli eventi legati all'essere undine, gli episodi sottolineano anche l'importanza dell'amicizia e, spesso, si concludono con una lezione od un promemoria ad apprezzare le piccole cose della vita.
L'autrice ha scelto un'ambientazione di blanda fantascienza con l'unico scopo di ricreare un mondo futuro abbastanza arretrato da essere identico a quello del suo presente, solo per giustificare il lavoro delle sue undine in una splendida ed utopica Venezia. Lavoro che, in realtà, è una riedizione di quello delle geishe, col loro "mondo fluttuante", le loro scuole e la loro filosofia incentrata sul concetto del presente. Un mondo interamente al femminile (benché, in passato, vi furono uomini dediti a questa professione, i taikomochi), esattamente come quello raccontato in Aria.

Per quanto riguarda l'anime, grazie alla sapiente combinazione di immagini raffinatissime, una storia tranquilla ma avvincente incentrata sul ritmo rilassato della quotidianità di Akari, ed una colonna sonora che si adatta perfettamente al tono ed all'atmosfera della narrazione, Junichi Sato riesce ad esaltare perfettamente il manga e, pur partendo da un'ottimo livello, nel corso delle tre stagioni non fa che migliorarsi continuamente. La qualità dell'animazione ed il comparto audio sono decisamente sopra la media per questo genere di produzione e persino gli OAV e gli ultimi due film riescono a mantenere altissimo sia il livello artistico che quello emotivo. Dall'architettura ai cieli, dall'abbigliamento al character design, i toni chiari, gli incredibili sfondi e le meravigliose melodie riescono a creare l'ambientazione perfetta che l'anime vuole evocare: una città idilliaca con persone tutte da amare. È veramente piacevole guardare i molti dettagli che spesso vengono ignorati, che siano gli intarsi di una porta in legno di un negozio o la rappresentazione dei palazzi veneziani, fino al semplice riflesso nelle pozzanghere.
Ovviamente non ci sono colpi di scena, effetti speciali, esplosioni o magie, pertanto il massimo della resa Junichi Sato la ottiene (ma molto aiutato dai disegni della Amano) con veri virtuosismi della sua "camera da presa", con ottime inquadrature sia dall'alto che in primissimo piano che in extreme close-up. Sull'eleganza dei fondali e l'espressività dei volti non mi dilungo e vi lascio giudicare direttamente dagli screenshots.
Guardare questa serie è come ascoltare uno di quei brani di musica da meditazione, in cui il battito cardiaco rallenta e ti senti avvolto in una calda coltre di calma. Quello che rimane dopo la visione è un senso di meraviglia riscontrabile in poche altre opere e raggiunge quindi pienamente lo scopo per cui è stata creata.
Aria è una serie di cui consiglio la visione veramente a tutti, anche a chi ama esclusivamente i film d'azione di Michael Bay, sia perché può cambiare a chiunque il modo di guardare il mondo che perché, con le con sue bellissime immagini ed i suoni piacevoli, può abbassare il livello di stress e, con un po' di fortuna, persino allungare la vita di qualche minuto. ^_^



Piccole note tecniche: quello che vi sto proponendo è il frutto di diversi mesi di lavoro, dalla raccolta delle fonti alla loro integrazione; è come se vi avessi postato una dozzina dei miei soliti rip.
Nella cartella troverete i 53 episodi delle tre serie, The Animation (2005), The Natural (2006) e The Origination (2008), più l'OAV Arietta (2007) tra la seconda e la terza serie, la mini serie di tre episodi The Avvenire (2015) ed i due film The Crepuscolo (2021) e The Benedizione (2021). Per gli OAV non ho potuto far altro che riproporvi (con qualche piccola miglioria) quanto si trova già in rete ma tutti gli episodi regolari sono in formato HEVC 1080p, video da Bluray ed audio AC3 da DVD per darvi il miglior prodotto che abbia mai realizzato.
Troverete anche, sempre da internet, il manga di Kozue Amano; purtroppo solo in inglese. È esistita un'edizione in italiano ma ormai è fuori catalogo e nessuno ne ha mai realizzato una versione in digitale. La buona notizia è che la Star Comics, al Napoli Comicon 2023,  ne ha annunciato la ristampa che dovrebbe a arrivare in autunno. Qualora succedesse (voglio essere scaramantico ^_^) vi consiglio di approfittarne subito perché è un'opera da avere as-so-lu-ta-men-te.
Per questo progetto ho rotto le scatole ad un numero esagerato di colleghi ma i miei più sentiti ringraziamenti vanno a Dausen, che mi ha dato gli introvabili DVD, Naruto Sennin che mi ha fatto avere un sacco di materiale, ed animencodes per i Bluray e quindi...


DEDICO QUESTO POST A
Dausen, Naruto Sennin ed animencodes,
senza il cui contributo non l'avrei mai potuto pubblicare.
GRAZIE!!! 

giovedì 15 giugno 2023

L'uomo venuto dal Kremlino

Titolo originale: The Shoes of the Fisherman
Nazione: USA
Anno: 1968
Genere: Drammatico, Fantapolica, Thriller
Durata: 157'
Regia: Michael Anderson
Cast: Anthony Quinn, Laurence Olivier, Oskar Werner, Alfred Thomas, Vittorio De Sica, Leo McKern, John Gielgud, Barbara Jefford

Trama:
Giunto a Roma dopo vent'anni di prigionia in Unione Sovietica, il vescovo Kiril Lakota è eletto cardinale, e, poco tempo dopo, acclamato Papa. Sul trono di Pietro si trova a dover affrontare la spinosa questione della terribile carestia in Cina, il cui leader minaccia guerra ai vicini. L'attuale premier sovietico, suo ex carceriere, lo prega di intervenire e...

Commenti e recensione light:
Molti di voi ricorderanno ancora quei giorni ma, per tutti quelli venuti dopo gli anni '70, un minimo di spiegazione mi sembra necessaria.
Dai tempi della caduta dell'Unione Sovietica non ci sono mai stati (ultimo anno escluso, ovviamente!) attriti significativi tra superpotenze atomiche ed una tensione di confine tale da rischiare una terza guerra mondiale oggi sembra molto poco realistica; negli anni '60 invece era una situazione di grande attualità.
La Sānnián dà jīhuāng, la terribile carestia causata dal Grande Balzo in avanti di Mao, stava mietendo vittime in tutta la Cina; oggi si parla di un numero che oscilla tra i 15 ed i 55 milioni di morti ma già allora, malgrado le poche informazioni, si capiva che era in corso il più grande disastro mai provocato dall'uomo. In una situazione simile, che Mao prendesse in considerazione l'idea di occupare, e razziare, i paesi confinanti non era affatto da escludere.
Per quanto riguarda la Russia, mentre veniva scritto il libro Chruščëv non aveva ancora scatenato, con l'invio di missili a Cuba, la "crisi di ottobre" ma la guerra fredda era al suo apice e le tensioni erano palpabili.
Unendo questi elementi di geopolitica alla spettacolare, e prima realmente "televisiva", elezione  di Giovanni XXIII (che pare contese il soglio pontifico proprio al georgiano Ghazaros Agagianian, patriarca di Cilicia degli armeni) di pochi anni prima, Morris West ha creato un pregevole racconto di fantapolitica che, per un fortunatissimo caso del destino, uscì nelle librerie di tutto il mondo proprio il giorno della morte di Papa Roncalli; fu il libro più venduto quell'anno!
Tutto questo, ed anche le ambientazioni sia esotiche che mistiche che trionfali, non poteva non stuzzicare un regista come Michael Anderson, già autore di un en plein da cinque Oscar come Il giro del mondo in 80 giorni e fermamente deciso a ripetersi. Tuttavia, malgrado un cast che dire stellare è davvero poco (rileggete bene la lista in alto O_O), una fotografia da pubblicità turistica e delle ambientazioni assolutamente eccezionali (anche se, girando in Vaticano ed a Caprarola, il compito era abbastanza facile ^_^) il film non fu particolarmente considerato ed i critici, soprattutto nostrani, lo sottovalutarono ingiustamente.
Ammetto che la sottotrama del giornalista RAI che tradisce la moglie poteva essere tagliata ma il resto è composto da un'incredibile quantità di scene indimenticabili, prime tra tutte quelle del Conclave in cappella Sistina che sono da antologia del Cinema! In realtà credo che un certo gruppo di critici sia stato disturbato dalle immagini delle repressioni in URSS, il fanatismo del leader cinese e, nel complesso, della pessima figura che faceva il mondo comunista. Gli altri, invece, scommetto abbiano trovato offensive le scene all'interno delle mura vaticane, la critica al conservatorismo dei teologi ed il ben poco velato attacco alla ricchezza della Chiesa. Insomma, per evidenti motivi politici non piacque né a destra né a sinistra. Quando si dice sfortuna! ^__^
Credo che abbiano passato L'uomo venuto dal Kremlino in televisione poco dopo l'elezione di Giovanni Paolo II. Qualche genio dei palinsesti avrà pensato che fosse l'occasione giusta per riproporlo ed, in effetti c'è, un che di profetico nella storia di questo papa slavo che, vendendo tutte le ricchezze della chiesa, risolve i problemi sul fronte orientale... Anche se nella realtà vennero invece sottratti immensi capitali dalle banche collegate allo IOR, caddero non poche teste ed il fronte non venne salvato ma sbriciolato. Quisquiglie comunque. XD XD
Se però si sorvolano i pregiudizi di bottega anni '60 dei critici, il film è intelligente (pur nei limiti del romanzesco americano da "pizza e mandolino"), estremamente scenografico, di grande intrattenimento, con attori di cui nemmeno mi metto a commentare la formidabile caratura e, nel complesso, assolutamente da vedere! :D


DEDICO QUESTO POST A
GIAMmux
che di questo film ha realizzato per noi
un mux di altissimo livello 
di cui troverete il link in calce.
GRAZIE!!! 

domenica 22 gennaio 2023

Battleship

Titolo originale: Battleship
Nazione: USA
Anno: 2012
Genere: Azione, Fantascienza
Durata: 131'
Regia: Peter Berg
Cast: Taylor Kitsch, Liam Neeson, Alexander Skarsgård, Josh Pence, Rihanna, Jesse Plemons, Peter MacNicol

Trama:
Per salvare il pianeta da un attacco alieno, gli Stati Uniti sguinzagliano la Marina. All’ammiraglio Shane va il compito di coordinare le operazioni mentre, sotto il suo comando, i fratelli ufficiali Hopper si trovano in prima linea e...

Commenti e recensione light:
Battleship è un fumettone senza alcuna pretesa di spessore, valore artistico e, Dio non voglia, intelligenza.
Detto questo, grazie ad un sacco di soldi ed ad un'autoironia azzeccatissima (palpabile sin dall'apertura con lo sketch del "chiken burrito" ripreso pari pari dal celebre video virale che girava sul Tubo), invece di limitarsi ad essere l'ennesimo filmone catastrofico americano, di cui comunque sfrutta tutte le caratteristiche, riesce a crearsi una categoria tutta sua, un po' Blockbuster ed un (bel) po' parodia. Citando a piene mani Transformers, Halo, Space Cowboys, Indipendance Day, Armageddon, Titanic ma anche Top Gun, persino i Power Rangers e chi più ne ha più ne metta, cattura per ben due ore l'attenzione dello spettatore, strappandogli spesso più di qualche sorriso.
Poco importa che la sceneggiatura abbia buchi logici pazzeschi (come ho detto, l'intelligenza non è richiesta né la benvenuta in questo film), dopotutto la trama è costruita su quello stesso gioco da tavolo che ci ha visti attori di sfide memorabili, ben nascosti nelle ultime file delle classi scolastiche ed incuranti dei pessimi voti che stavamo per collezionare. ^__^
Peter Berg usa sfacciatamente tutto il repertorio di Christian Bale, d'altra parte il budget lo permette, ed il cast è stato chiaramente scelto dall'ufficio marketing con l'unico obbiettivo di stuzzicare al massimo l'interesse del pubblico. In realtà, a parte Skarsgård che, effettivamente, ci si mette visibilmente d'impegno, tutti gli altri fanno solo il minimo sindacale: Liam Neeson poteva tranquillamente non presentarsi e la giovanissima Rihanna, qui alla sua prima apparizione cinematografica, si è meritatamente aggiudicata il Razzie award per l'attrice non protagonista dell'anno. Ma anche questo non importa perché Battleship, con la sua verve da B movie ipertrofico, grazie alla sua vena farsesca e quasi circense sfocia nell'assurdo controllato della presa per i fondelli ben riuscita e quindi, malgrado sia una boiata colossale, è divertente come pochi!
Se visto con lo spirito giusto, e non è difficile calarcisi perché è il film stesso che vi ci porta, è una corsa forsennata con diversi "WOW" adrenalinici ed una soddisfazione finale che, benché cinefilicamente ingiustificata, è assolutamente appagante! :D

lunedì 25 luglio 2022

Watang! Nel favoloso impero dei mostri

Titolo originale: Mosura tai Gojira (モスラ対ゴジラ, lett. "Mothra vs. Godzilla")
Nazione: JAP
Anno: 1964
Genere: Fantascienza
Durata: 95'
Regia: Ishirō Honda
Cast: Akira Takarada, Herbert King, Joseph Hall, Frankie Sakai, Hiroshi Koizumi, Ken Uehara

Trama:
L'impresario Kumayama esibisce alla curiosità della gente un gigantesco uovo rivenuto dopo un maremoto. Purtroppo l'uovo è sacro per gli abitanti della favolosa Infant Island, esseri di piccolissime dimensioni che venerano la dea falena Mothra e che guardano con ostilità gli uomini, colpevoli, tra l'altro, di inquinare l'ambiente con gli esperimenti atomici. Quando le fate gemelle Sobijin vengono a reclamare l'uovo, Kumayama pensa di aggiungere anche loro alla sua attrazione ma nel frattempo l'immenso Godzilla è emerso dal terreno e...

Commenti e recensione:
Quarto film del "franchise ante litteram" di Godzilla, Watang! è frutto di un team-up tutto interno alla Toho. La gigantesca farfalla Mothra (che richiama i termini inglesi di falena e madre) era nata già Star con la sua prima pellicola di un paio di anni prima e qui ha ottenuto la consacrazione. Staccando più di tre milioni di biglietti al botteghino è diventata uno dei mostri più amati dal pubblico nipponico (e non solo: sarà citata anche in Mostri contro Alieni); da allora la falenona comparirà meno del suo collega rettile ma collezionerà comunque ben 13 titoli, di cui quattro da protagonista. La ragione del suo successo, per niente scontato vista la sua assoluta mancanza di espressività, va cercata nel ruolo che, con quella sua bellissima aura di Protettore della Natura, gli infonde Honda: è il wrestler buono per cui fare il tifo, impossibile da non amare.
La regia di Ishirō Honda è sempre di un livello assolutamente superiore ed anche qui non fa eccezione, sfruttando benissimo il cinemascope (Tohoscope, per la precisione ^_^) e mostrando subito di cosa sia capace: il maremoto che sconvolge le coste giapponesi sui titoli di testa dà alle sue riprese una spettacolarità che verrà mantenuta per tutte le altre scene ad effetto del film!
A differenza dei precedenti Godzilla, Watang! si presenta come una fiaba musicale, tra l'altro di fattura così pregevole che qualche giornale americano l'ha persino paragonato ai prodotti Disney, ed è diventato subito un piccolo cult che vanta ancora un nutrito esercito di fan. E con ottimi motivi: il film è decisamente una tra le più riuscite produzioni della Toho dopo il Gojira del 1954, sia sul piano narrativo, carico di toni poetici e favolistici, sia per l’alta qualità della regia che degli effetti speciali di Eiji Tusburaya. Oggi quest'ultimi possono sembrare quasi puerili ma all'epoca erano tra i migliori mai visti, ammirati persino da Harryhausen.
Ancora oggi non mi spiego perché, dopo i successi di pellicole come Latitudine Zero, questo capolavoro non venne immediatamente distribuito in Italia; da bambini avremmo giocato alle sue avventure per mesi. Questa mancata distribuzione cinematografica italiana ha fatto sì che, ancora oggi, da noi il titolo non sia particolarmente conosciuto. Persino nella bellissima edizione DVD su cui ho messo le mani la traccia italiana è incompleta e quindi, per garantire una comprensione della storia, i sottotitoli sull'audio originale fanno spesso capolino. Peccato però che il pessimo adattamento d'epoca, a cui dobbiamo sia una locandina incomprensibile che l'arbitraria trasformazione di Mothra in Watang (che viene persino definita "un'ape gigante" ^_^), sia stato mantenuto anche nei sottotitoli, vanificando così una facile occasione di chiarezza nei confronti del pubblico.
Ma non importa, resta comunque uno dei migliori "Monster Movie" di sempre, con le magiche fatine gemelle Aelinas (interpretate dalle cantanti, gemelle anch'esse, Emi e Yumi Ito, celebri in Giappone come The Peanuts), il tono insieme favolistico e fantascientifico, la brutale forza distruttiva di Godzilla (che quest'unica volta, per misteriosi motivi emerge dalla terra e non dal mare °_°) o la denuncia, ma fatta con il garbo delle macchiette di Totò, contro i capitalisti profittatori senza scrupoli. E poi, ovviamente, l'impegno ambientalistico ed antinucleare di Honda che influenzerà così tanto l'opera di quel Kurosawa di cui sarà, fino alla fine, l'ispiratore e confidente.
Nonostante qualche ingenuità narrativa ed alcuni momenti (piacevolissimi!) di umorismo involontario, Watang! Nel favoloso impero dei mostri è un gioiello kaiju quasi miyazakiesco, da vedere assolutamente e da mostrare, con affetto, anche alle nuove generazioni! :D

lunedì 11 aprile 2022

20.000 leghe sotto i mari

Titolo originale: 20,000 Leagues under the Sea
Nazione: USA
Anno: 1954
Genere: Avventura, Fantascienza
Durata: 127'
Regia: Richard Fleischer
Cast: Kirk Douglas, Paul Lukas, James Mason, Peter Lorre, Robert J. Wilke, Ted De Corsia

Trama:
Dopo mesi di ricerche, la fregata americana Abraham Lincoln scova un misterioso mostro marino che, da tempo, affonda le navi da guerra. Apre il fuoco ma lo sterminatore della marina, che si scoprirà essere il sottomarino Nautilus al comando del capitano Nemo, s'immerge, parte al contrattacco e...

Commenti e recensione:
Pensare che 20.000 leghe sotto i mari sia dei primi anni '50 fa venire i brividi!
Dopo così tanti anni, e tanta evoluzione tecnologica, pur con i suoi mezzi datati è ancora un capolavoro della fantascienza. E non solo per la bellissima storia, capitolo centrale della trilogia di Nemo, quanto per l'efficacia di quegli effetti speciali che, benché rudimentali, sono ancora oggi assolutamente adatti allo scopo.
Per quanto riguarda la trama, ovviamente gran parte del merito va riconosciuto a Verne ma l'adattamento fatto dalla Disney, benché con uno stile un po' fanciullesco, è assolutamente perfetto per il suo target; d'altronde nessuno può negare che saper parlare al proprio pubblico sia sempre stata una grande capacità alla Casa del Topo. Così come non si può negare che spesso sia stata in grado di cogliere le capacità latenti di registi semi sconosciuti ed esaltarle, esattamente come è successo con Fleischer.
E pensare che Richard Fleischer era il figlio di Max Fleischer, autore di Braccio di Ferro e Betty Boop e grande rivale dello stesso Disney! Fino ad allora non aveva mai realizzato un film importante eppure Walt ha accolto la raccomandazione del suo concorrente ed ha lanciato un professionista capace di darci, tra gli altri, capolavori di altissima qualità tecnica come Viaggio allucinante, Il favoloso Dottor Dulittle o Tora! Tora! Tora!.
Fleischer si è attorniato di uno stuolo di ottimi interpreti, fra i quali spiccano Kirk Douglas, qui un vigoroso menestrello particolarmente ilare, un grandissimo Peter Lorre e James Mason, che è forse il miglior Nemo della storia del Cinema. Tutti incarnano con energia e sentimento i protagonisti del romanzo, dando credibilità e linfa all’azione benché, ovviamente, la prova di prima grandezza sia senza alcun dubbio quella della foca Esmeralda. ^__^
I soldi della produzione hanno certamente aiutano, infatti questo è il primo lungometraggio Disney in Cinemascope, ma chi si è dimostrato davvero eccezionale è cast tecnico, che ha fatto vincere al film ben due Oscar, per le scenografie e gli effetti speciali. È grazie a quei geni se ancora oggi possiamo ammirare lo strepitoso interno steampunk del sommergibile o la celebre scena della lotta col polpo gigante. :O
Tecnica ed arte a parte, al di là della sua lunghezza 20.000 leghe è scorrevole e divertente, forse perché ha saputo trasformare il romanzo (che ovviamente trovate nella cartella ^_^) in una sorta di giostra ambientata nei mari della fantasia, un binomio "classico dell’avventura e dell'infanzia" che fonde benissimo gli stili di Verne e Walt Disney. Difficile non amarlo, impossibile non rivederlo con grandissimo affetto! :D

mercoledì 23 febbraio 2022

2012

Titolo originale: 2012
Nazione: USA
Anno: 2009
Genere: Avventura, Fantascienza, Catastrofico
Durata: 158'
Regia: Roland Emmerich
Cast: John Cusack, Chiwetel Ejiofor, Amanda Peet, Oliver Platt, Thandie Newton, Woody Harrelson, Danny Glover

Trama:
Un repentino riscaldamento della crosta terreste ed un crescendo di numerose catastrofi, sempre più eclatanti, spaventano prima le comunità scientifiche e poi la popolazione. Che la tremenda profezia Maya sia vera? :O

Commenti e recensione:
Archiviato con nonchalance 10000 BC, pasticciaccio preistorico privo di perché, Roland Emmerich rivendica il suo diritto alla catastrofe trionfalistica ed all'orgoglio di un cinema meramente ludico. Torna, in pratica, a quello che sa fare meglio: l’Americanata esageratamente, totalmente e diabolicamente americana. Che per un tedesco, benché naturalizzato, non è un successo da poco. ^_^
A differenza del cinema di Michael Bay, con cui viene spesso raffrontato, Emmerich non va alla ricerca dello scontro di corpi perfetti, muscolari o meccanici che siano, ma del vecchio fascino da carrozzone di luna park, con tanto di imbonitore che irride ai ricchi ed ai potenti. Con i suoi duecentocinquanta milioncini di di dollari ingoia metropoli, brutalizza la crosta terrestre, si inventa meteoriti e mega tsunami ed infarcisce il tutto con parentesi di gustosa ed irriverente ambiguità (il Cupolone che collassa su Papa, cardinali e fedeli adoranti od il nostro ex PdC che è l'unico premier a non voler scappare e resta a pregare, persino senza nipotine egiziane di contorno XD), usando gli effetti speciali digitali con un'efficacia spettacolare. Ci mette persino una bella galleria di personaggi ben recitati, tradizionali ma non banali, tra cui spicca l'esaltato cospirazionista barbuto di Harrelson.
Fin dai tempi di Stargate ed Independence Day il suo progetto è evidente: raccontare sempre la stessa storia, nemmeno troppo importante, stirando le dimensioni dello spazio e del tempo fino alla lacerazione, senza freni inibitori, senza badare a bazzecole come il realismo, la credibilità e la coerenza, con l'unico obbiettivo di creare un puro e pulsante spettacolo popolare. Dopotutto "...sono un regista" dirà in un'intervista, "non uno scenziato!". In 2012, a suo dire vagamente ispirato da Impronte degli dei di Graham Hancock (che trovate nella cartella), ci sbatte in faccia la sua idea di cinema: l'apocalisse gioiosa e spensierata di uno che, quando è così in forma, soffoca il ridicolo con la magniloquenza e genera l'ironia per semplice accumulo. Magicamente. Ogni Torre Eiffel, Casa Bianca, Basilica di San Pietro che gli si para davanti la distrugge con fuoco e fiamme come un piccolo Nerone. Da bambino Emmerich deve aver avuto qualche problema con i giocattoli. ^_^
Questo non è un film con la F maiuscola ma è l'apoteosi del genere catastrofico che, nel suo "minuscolo", è pur sempre un genere con una lunga e gloriosa tradizione alle spalle; al buon Roland però questo non interessa, lui vuole solo creare film che incollino alla poltrona il suo spettatore ideale, quello da fiera, senza dargli veri messaggi o intellettualismi ma solo puro e mai banale divertimento! :D

sabato 18 dicembre 2021

Countdown - Dimensione Zero



   

Titolo originale: The Final Countdown
Nazione: USA
Anno: 1980
Genere: Fantascienza, Guerra
Durata: 104'
Regia: Don Taylor
Cast: Kirk Douglas, Martin Sheen, Katharine Ross, James Farentino, Charles Durning, Lloyd Kaufman

Trama:

Il 7 dicembre 1980 la portaerei americana Nimiz, in seguito ad una tempesta magnetica, si trova catapultata indietro nel tempo, alla vigilia dell'attacco giapponese a Pearl Harbour. Il comandante deve decidere se mutare o meno il corso della storia e...

Commenti e recensione:
Countdown - Dimensione Zero è il classico film di fantascienza che ha fatto la storia. Pur spacciandosi per un kolossal, grazie ai suoi attori di primissimo livello ed una trama ben scritta, è un low budget a tutti gli effetti. In pratica, è come un episodio di Ai Confini della Realtà ma in versione lungometraggio.
Effetti speciali? Quasi nessuno; però c'è tanta, tanta roba militare! Questo perché, grazie allo script smaccatamente pro marina e pro USA, l'ammiragliato, la cui immagine era piuttosto appannata, ha prestato alla produzione la portaerei Nimitz (set reale delle riprese) ed gli F14 con relativi piloti, purché venissero ripresi come le star di spettacolari sequenze aeree e marine. Richiesta abbondantemente soddisfatta perché il duello F14 vs Zero è da antologia, altro che Top Gun!
Fornendo mezzi e personale, inoltre, la Marina ha praticamente "pagato" tutto il film. ^_^
Eppure, nonostante l'imponente spettacolarità, Countdown si evidenzia per la sua voglia di puntare più alla riflessione che al facile intrattenimento, una scelta inattesa ma che l'ha reso un gioiellino nel suo genere. La trama gioca molto bene con il paradosso temporale, riuscendo ad evitare inutili spiegoni per non dare una noiosa, e probabilmente sbagliata, lezione di fisica, mentre sfrutta abilmente l'azione e la guerra per distrarre lo spettatore. I comportamenti dei protagonisti sono davvero credibili: Kirk Douglas (persuaso a partecipare dal figlio Peter, viceproduttore) è ovviamente perfetto e Sheen, forse perché ancora convalescente dall'infarto avuto sul set di Apocalypse Now, è finalmente pacato (e ci mancherebbe! XD) e molto convincente. Nell'insieme tutto il cast, professionista e non, è davvero all'altezza.
Dimensione Zero è, per tanti motivi, uno dei miei film di fantascienza preferiti ma, anche senza essere di parte, benché non sia un capolavoro è innegabilmente ben fatto, con gusto e competenza, ed è in grado di dare abbastanza emozioni da riempire parecchie serate. Lo consiglio caldamente a tutti! :D

martedì 14 dicembre 2021

Tron



   

Titolo originale: Tron Man
Nazione: USA
Anno: 1982
Genere: Fantascienza
Durata: 96'
Regia: Steven Lisberger
Cast: Jeff Bridges, Bruce Boxleitner, David Warner, Cindy Morgan, Barnard Hughes, Dan Shor

Trama:

Flynn, geniale creatore di videogiochi, è in lotta con la potente ENCOM, società diretta dallo spregiudicato Dillinger che gli ha rubato la paternità di alcuni programmi. Mentre cerca le prove del misfatto, Flynn viene "beccato" dal computer dell'azienda che, con un laser sperimentale, lo scompone, lo getta tra i suoi software e...

Commenti e recensione:
Malgrado la leggenda, Tron non fu il primo film ad utilizzare la computer-grafica, fu preceduto dai titoli di testa del Superman di Richard Donner, creati con l'animazione digitale, (correzione, anche loro furono realizzati a mano; vedere nei commenti) e da Star Trek II - L'ira di Khan, dove un'intera sequenza (quella della rinascita del pianeta Genesis) è visualizzata sullo schermo di un computer. È però primo film a farne un uso esteso e programmatico (e non solo un abbellimento visivo), approfittando anche del fatto che la storia stessa si svolge per buona parte all'interno di un computer, per cui l'uso della nuova tecnica era anche coerente col soggetto.
Gli anni ’80 videro l’esplosione dei videogiochi arcade, le macchine a gettoni con Tetris, Pac Man o Space Invaders conquistarono migliaia di giovani che facevano (facevamo?!?) la fila per poter salvare la terra con joystick e pulsanti. Tron avrebbe potuto limitarsi a raccontare quel mondo ma andò oltre.
Approfittando del pessimo momento per la Casa del Topo (che avrebbe persino venduto mamma Disney pur di riprendere quota, figuriamoci il semplice far entrare i computer nel loro tempio di amanuensi analogici) Lisberger piuttosto ricreò, proprio grazie alla computer-grafica (il termine CGI non esisteva ^_^) quella realtà virtuale che apparteneva, fino ad allora, ad un piccolo angolo cyberpunk della fantascienza cartacea ed, appunto, ai videogiochi. Attenzione, alle copertine delle confezioni dei videogiochi, certo non ai giochi stessi che erano Pong, Jungle Hunt e Donkey Kong; ricordiamoci che sugli scaffali, quell'anno, uscivano l'Amiga e lo Spectrum Sinclair.
Oggi è un filone noto e codificato ma fu Tron ad ufficializzare quel cyberspazio che rivoluzionò la fantascienza, quella da cui nacquero Matrix, Nirvana, Ghost in the Shell e, tra mille altre voci, tantissimi Nathan Never. L’ingresso di Flynn nel computer è, secondo me, un momento apicale nella storia della Sci-Fi, è il battesimo cinematografico non dei computer, quelli si conoscevano da sempre, ma del loro universo e della loro rete!
Il mondo di Tron è frutto di Syd Mead che ne inventò le moto (e meno di un anno dopo curò anche la scenografia di Blade Runner), di un giovanissimo Tim Burton  ma, soprattutto, di Jean Giraud, in arte Moebius, che rese gli ambienti cybernetici assolutamente indimenticabi. Sue sono anche le fantastiche tutine, così attillate, persino per quegli anni, che la produzione impose a Bridges ed a tutto il cast di coprirsi con gli accappatoi durante le pause. XD
Tron era un film in anticipo sui tempi: da un lato il pubblico non era ancora realmente pronto (al botteghino non fu un fiasco ma nemmeno un gran successo), i dipendenti della sua stessa casa di produzione guardavano in cagnesco quei "disegni fatti senza pennelli" ed, infine, i tecnici dell’Academy non gli vollero dare l'Oscar per gli effetti speciali in quanto "realizzati barando" (benché, come per le spade-laser di Lucas, anche qui le tute e gli interni siano stati colorati a mano, fotogramma per fotogramma, da un team di giovani koreani).
Eppure al film seguirono ben 13 videogame dedicati alla pellicola ed ai suoi personaggi e si creò un nucleo di fan (non esclusivamente nerd) che, con gli anni, gli attribuirono il meritato titolo di Cult. In effetti, dopo tutto questo tempo il profondo messaggio di Steven Lisberger, sconosciuto prima e dopo, è ancora freschissimo, attuale e sicuramente più vicino alla realtà odierna di titoli più famosi. Fateci caso: Meta di Zuckerberg è sicuramente più imminente degli orrori di Alien. Per fortuna. ;)
Io sono cresciuto con questo film ed il mio parere è certamente di parte ma credo sia innegabile che Tron vada considerato tra i pilastri della fantascienza e, malgrado una trama davvero esile, tra i capolavori del Cinema; come tale, ovviamante, lo classifco come un "da vedere assolutamente"! :D

martedì 30 novembre 2021

Un mondo maledetto fatto di bambole

   

Titolo originale: Z.P.G.
Nazione: UK
Anno: 1972
Genere: Fantascienza
Durata: 96'
Regia: Michael Campus
Cast: Geraldine Chaplin, Oliver Reed, Diane Cilento, Don Gordon, David Markham, Sheila Reid

Trama:

Per frenare la sovrappopolazione, il Governo Unico della Terra proibisce la procreazione, pena la morte. Con l'intento di "curare" l'istinto materno vengono realizzate bambole di bambini ma a due coniugi non basta: decidono di trasgredire il divieto e...

Commenti e recensione:
Negli anni '70 ci fu un periodo in cui la fantascienza, soprattutto quella sociopolitica, si poteva fare anche senza grandiosi effetti speciali e budget esagerati; al pubblico bastavano una buona sceneggiatura, dei bravi attori ed una regia capace. In quel particolarissimo, e felice, momento della storia del Cinema uscirono film come L'uomo che fuggì dal futuro, La fuga di Logan, Quintet ed, a modo suo, Il dormiglione. Un mondo maledetto fatto di bambole, in cui si respirano le atmosfere autocratiche di Fahrenheit 451 di Truffaut, è una piccola e dimenticata perla di questo genere che merita assolutamente di essere riscoperta.
A parte il titolo originale, Z.P.G. (Zero Population Growth), che fa il verso a THX 1138 di Lucas (e che allo stesso modo venne storpiato dal traduttore italiano ^__^) Mondo maledetto ha dalla sua una sceneggiatura basata su un testo di Paul Ehrlich The Population Bomb e sviluppata dall'incredibile accoppiata Frank De Felitta e Max Ehrlich. Per capirci, De Felitta è, tra le mille altre cose, l'autore di Audrey Rose da cui venne l'horror omonimo diretto da Robert Wise, mentre Ehrlich ha al suo attivo un'infinità di film e telefilm, per non parlare dei premi vinti.
Se di Michael Campus ammetto di non sapere praticamente nulla (e nemmeno Wikipedia mi ha aiutato perché gli dedica due righe scarse) la coppia di protagonisti è di primissimo livello. L'interpretazione di Oliver Reed, nella sua dolente e rabbiosa umanità, è straordinaria e Geraldine Chaplin trasmette in modo egregio il desiderio di maternità mancata con la sua maschera di incertezza e smarrimento. A volte è difficile persino capire se reciti o soffra realmente - e non c'è complimento migliore che si possa fare ad un attore.
Per gli spettatori di oggi la pellicola è forse un po' datata, io magari la definirei vintage per l'aspetto visivo (costumi, scenografie) ma profetica ed attualissima. Anticipatrice de La fuga di Logan, che palesemente si ispira a questa pellicola, nonostante i limiti di budget il Maledetto mondo fa davvero onore al genere fantascentifico-post apocalittico. E se gli effetti speciali non sono memorabili, la regia è di mestiere e la storia regge per tutta la sua ora e mezza, risultando interessante ed accattivante.
La mia opinione è sicuramente di parte ma personalmente lo considero un piccolo classico, sottilmente inquietante ed assolutamente da vedere e collezionare! :D

sabato 25 settembre 2021

Dr. Cyclops

   

Titolo originale: Dr. Cyclops
Nazione: USA
Anno: 1940
Genere: Fantascienza
Durata: 75'
Regia: Ernest B. Schoedsack
Cast: Albert Dekker, Janice Logan, Thomas Coley, Charles Halton, Victor Kilian

Trama:

Un gruppo di scienziati, insospettito da alcune dicerie, decide di indagare sul dottor Torkel che, in un remoto rifugio del Perù, sta lavorando sull'energia atomica. I nostri eroi scopriranno, nel peggiore dei modi, che il folle dottore ha costruito una macchina che rimpicciolisce gli esseri viventi e...

Commenti e recensione:
Dr. Cyclops è il perfetto "classico" della fantascienza che, pur dopo tanti anni, rimane ancora di grandissimo livello. Eppure, di solito questo succede quando i contenuti sono profondi e senza tempo mentre qui la trama, ispirata, oltre che nel titolo, all'episodio di Ulisse e Polifemo, è davvero esile ed essenziale e serve solo a fare da sfondo agli effetti speciali. E se c'è qualcosa che notoriamente invecchia malissimo sono quelli!
Invece qui, nonostante qualche limite, risultano ancora pregevoli le artigianali sovrapposizioni di più immagini che rendono cani, gatti e galline di proporzioni gigantesche rispetto ai poveri protagonisti, o il meraviglioso cavallo rimpicciolito che il terribile Ciclope tiene nascosto in laboratorio e, ovviamente, l'incredibile scena in cui Torkel afferra un minuscolo Bulfinch. Come potete vedere dall'immagine, la cinepresa inquadra il povero scienziato intorno a cui fu poi aggiunta, ovviamente in analogico, la mano di Torkel perfettamente sincronizzata con il resto. Per queste scene il film ha ricevuto la nomination agli Oscar per gli effetti speciali nell'edizione del 1941, vinto poi da Il ladro di Bagdad. E infine c'è il colore! Dr. Cyclops fu il primo lungometraggio di fantascienza girato in Technicolor Process 5 e, già solo per questo, è una pietra miliare della SciFi.
Va bene il lato tecnico ma perché un film sia buono serve anche altro ed infatti Dr. Cyclops è sorretto da uno dei vilain più belli della storia, talmente eccezionale da oscurare tutto il resto del cast. Albert Dekker offre un'interpretazione dello scienziato pazzo così riuscita e straordinaria da creare un vero e proprio modello (anzi, ormai uno stereotipo) più volte riproposto nei film di genere e nelle loro parodie. Certamente bravi anche gli altri attori ed è meravigliosa la location ma, a fine visione, rimane impresso solo il grandissimo Dekker!
Il film ebbe una distribuzione molto particolare in Italia e fu diffuso, con lo stravagante titolo Il mostro atomico, dieci anni più tardi. I traduttori si presero molte libertà perché la Dott.ssa Mary Robinson è stranamente diventa Mary Mitchel e si è trovata degradata da biologa a semplice assistente di Bullfinch. Inoltre nel 1939 l'energia atomica era sì sulla bocca di tutti (basta vedere Topolino ed il mistero dell'uomo nuvola, del 1937 con il Professor Enigm) ma i nostri traduttori degli anni '50 pensarono bene di rendre la trama "più interessante" inserendo nei dialoghi passaggi sulla bomba atomica, di cui nessuno sapeva nulla all'uscita del film. XD
Il vero crimine della distribuzione nostrana, tuttavia, fu che il film venne incredibilmente proiettato in un mutilato bianco e nero, ed ancora oggi molte guide lo recensiscono così. Menomale che è arrivata questa nuova edizione, meravigliosamente restaurata, che finalmente permette anche a noi di apprezzare la bellezza di questo visionario capolavoro di Schoedsack, da rivedere senza alcun dubbio! :D

sabato 24 luglio 2021

L'isola misteriosa

   

Titolo originale: Mysterious Island
Nazione: USA
Anno: 1961
Genere: Avventura
Durata: 101'
Regia: Cyril (Cy) Endfield
Cast: Michael Craig, Herbert Lom, Joan Greenwood, Michael Callan, Gary Merrill

Trama:

Un gruppo di soldati nordisti prigionieri fugge con una mongolfiera ed approda su un'isola ove, ben presto, si trovano ad affrontare misteriosi eventi, strani animali e tracce di un precedente naufrago. A loro si uniscono due donne, zia e nipote, e...

Commenti e recensione:
Nel 1875 Jules Verne terminò la pubblicazione di quello che è sicuramente uno dei più importanti romanzi di avventura di tutti i tempi: L’île mystérieuse. La trama la conoscete sicuramente tutti e non ho dubbi che abbiate, a suo tempo, letto quelle pagine che fecero sognare a milioni di bambini di diventare ingegneri. Che poi l'ingegneria fosse tutt'altra cosa lo scoprimmo solo molti anni dopo ma la meravigliosa superiorità scientifica di Cyrus Harding (per non parlare di quella addirittura fantascientifica del Capitano Nemo!) ha spinto un'infinità di noi a guardare con sufficienza gli indirizzi umanistici. Pare che oggi i libri di Verne siano "fuori moda" e, nel dubbio che a qualcuno di voi manchi una copia da far leggere alle prossime generazioni, ve ne ho messa una nella cartella. ^_^
In questa interpretazione, anche se dà inevitabili concessioni allo spettacolo Endfield sembra davvero provare a seguire con una certa fedeltà la traccia del romanzo. Il suo sforzo, tuttavia, era palesemente ritenuto secondario dai produttori che volevano, soprattutto, bissare lo spettacolare successo di 20.000 Leghe sotto i mari, anche a prescindere da ciò che lo Verne aveva effettivamente scritto nella sua opera.
Fu con questo commercialissimo obbiettivo che chiamarono Ray Harryhausen a dirigere il team degli addetti agli effetti speciali ed ancora per questo che si preoccuparono di far inserire nello script spettacolari scene sottomarine di cui, nel libro, non vi è traccia. Eppure talvolta la venalità può essere utile perché più che per gli attori, comunque bravi ed adatti al ruolo, od il quasi ignoto regista, il film è ancora e giustamente ricordato per lo straordinario ed imprescindibile apporto del grande maestro.
Mago della stop motion, Harryhausen rese degno di interesse quello che altrimenti sarebbe stato un film d'avventura assolutamente nella media; creò un granchio gigante, un enorme uccellaccio capace di saltare come un canguro (e che ci fa capire chi siano i discendenti dei dinosauri), un'ape grande come un deltaplano ed, infine, uno straordinario polpo dotato di una conchiglia (sic!) così splendida da suscitare l’invidia di ogni paguro dei sette mari. Diede anche un grosso contributo alla realizzazione del Nautilus e non pochi "consigli" produttivi dietro le quinte, pare anche non particolarmente richiesti, ma grazie al suo impegno questa versione de L'isola misteriosa ha ancora oggi un suo indiscutibile fascino ed è, giustamente, considerata un memorabile classico.
Assolutamente da vedere. Tante volte! :D

sabato 15 maggio 2021

Solaris

 

Titolo originale: Soljaris (Солярис)
Nazione: URSS
Anno: 1971
Genere: Fantascienza
Durata: 165'
Regia: Andrei Tarkovsky
Cast: Donatas Banionis, Natalya Bondarchuk, Yuri Charvet, Jüri Järvet, Vladislav Dvorzhetskiy

Trama:
Qalcosa non va sulla stazione scientifica orbitante attorno al pianeta Solaris: dei tre scienziati che vi lavorano, uno si è suicidato e gli altri due danno segni di squilibrio mentale. Ad indagare su quanto sta accadendo viene inviato il dottor Kalvin, uno psicologo di noto valore, ma...

Commenti e recensione:
È inutile e scorretto scrivere una recensione su Solaris quando tanto, e sicuramente meglio, si può trovare online dalla penna dai migliori critici dell'ultimo mezzo secolo. Sono state scritte persino tesi di laurea e io dovrei cercare di dirvi qualcosa di nuovo, diverso e, addirittura, migliore? Non credo proprio. Mi limiterò quindi al minimo sindacale: Solaris è un film filosofico.
Non lasciatevi ingannare dall'etichetta "Fantascienza" che gli è stata incollata, quella è solo l'ambientazione, una scusa per approfondire i concetti di umanità, che ha sempre affascinato Tarkovsky, di essenzialismo, di solipsismo e dei limiti del razionalismo e del cognitivismo. Probabilmente persino la distribuzione russa si è trovata in difficoltà, sia a definire questo capolavoro che a proporlo alle sue masse... senza contare che, tra le varie possibili letture, c'è anche una nemmeno troppo velata critica allo Stato centralista ed oppressivo. Molto meglio affibiargli piuttosto quell'etichetta e presentarlo come "La risposta sovietica a 2001 Odissea nello spazio".
Ci sono, è vero, alcune analogie: entrambi sono film d’autore, entrambi sono aperti a varie possibili letture ed interpretazioni, in entrambi c’è una stazione spaziale circolare. Punto. Nient'altro. In realtà i due film non potrebbero essere più diversi perché in 2001 l’uomo è vittima del cosmo (e forse di sé stesso, tramite la macchina) ma grazie alla forza superiore (il monolito: Dio? L’inesperibile puro?) passa attraverso una sorta di ideale rinascita corporale ed estetica; in Solaris l’uomo è dotato di una psicologia con cui destruttura, distrugge, rovina il proprio destino persino con la memoria, la nostalgia, la Storia, e non rinasce perché indugia nel proprio sconforto interiore da cui non riesce più ad uscire. In pratica, in 2001 l’uomo trascende mentre in Solaris si auto-conclude e si materializza. In 2001, poi, gli uomini hanno principalmente contatto fisico con macchine, mentre in Solaris "l’uomo ha bisogno solo dell’uomo"; e non solo dell’altro uomo ma, soprattutto, di sé e della propria capacità di riflessione, sia nel senso del pensiero sia nel senso dell’immagine speculare. Infine, 2001 sfiora (forse) il filosofico mentre Solaris, beh, lui ci affonda!
Il risultato della fatica di Tarkovsky è un film così "pesante" che non poteva essere capito all’epoca in cui uscì: né da un governo predicante il realismo socialista né, malgrado la lungimirante giuria che lo premiò a Cannes, da un Occidente mercantile. Quando il titolo arrivò da noi, De Laurentiis e Dacia Maraini lo squartarono e ne tagliarono più di 40 minuti cercando di ottenere una versione commercialmente, e filosoficamente, più vendibile (come tagliare un quarto della Gioconda ಠ﹏ಠ); ancora oggi la versione integrale che vi propongo non è interamente doppiata, a riprova di quanto sia vergognosa la nostra distribuzione.
Non importa, il film è ormai integro ed è così che voglio proporvelo, un capolavoro profondissimo e, visto l'orrendo remake del 2002, palesemente irripetibile, da guardare più e più volte per provare a cogliere tutte le sfumature che il poco compreso Tarkovsky ci ha messo o trovane altre, perché ognuno di noi ci metterà le sue. ^__^
Avevo ragione all'inizio dell'articolo: non dovevo scrivere una recensione perché Solaris è come la vita, un film che va visto, vissuto, amato e, solo forse, compreso come solo i grandi capolavori meritano! :D

domenica 4 aprile 2021

Fascisti su Marte

 

Titolo originale: Fascisti su Marte
Nazione: ITA
Anno: 2006
Genere: Comico, Fantascienza
Durata: 100'
Regia: Corrado Guzzanti, Igor Skofic
Cast: Corrado Guzzanti, Pasquale Petrolo, Andrea Blarzino, Marco Marzocca, Andrea Purgatori

Trama:
Nel 1938 un manipolo di camicie nere, comandato dal gerarca Gaetano Maria Barbagli, s'imbarca sul prototipo di razzo spaziale Repentaglia IV, costruito col poco volontario aiuto del fisico Majorana, e parte alla conquista di Marte, "rosso pianeta, bolscevico e traditor".

Commenti e recensione:
Nato come sketch della geniale, benché poco fortunata, trasmissione Il caso Scafroglia, dopo travagliatissima gestazione Fascisti su Marte arrivò al cinema come lungometraggio. Guzzanti aveva intuito, probabilmente fin dal primissimo istante, l'eccezionale potenzialità della sua trovata pseudo-fantascientifica e pseudo-revisionista in cui le assurde gesta del manipolo di arditi del gerarca Barbagli vengono raccontate, in puro stile Zelig di Woody Allen, da fantomatici cinegiornali da Istituto Luce del ventennio. È proprio la formidabile retorica della propaganda, con il ridicolo linguaggio fascista, l'estenuante richiamo a motivi di orgoglio nazionale senza senso, la creazione continua di acronimi ed istituzioni su ogni ridicola attività, ad essere il centro della comicità, sia satirica che farsesca, del film.
Probabilmente il testo è il miglior lavoro di Guzzanti e ben si vedono le lunghe ricerche che ha fatto sul linguaggio dell'epoca "con tutti quegli aggettivi e la costruzione delle frasi così farraginosa per poi poterla trasformare in una versione divertente e maccheronica, rinverdita dai luoghi comuni della Seconda Repubblica"; il risultato di tanti sforzie è il “fascistese maccheronico” dell’onnipresente voice over, un'opera da fuoriclasse.
Spaziando allegramente dall'ovvio Méliès a Kubrik, pasando per Il Grande Dittatore e Schindler’s List (il Mimimmi rosso che intenerisce i cuori, doppio pietroso del memorabile cappottino spielberghiano) nonché il già citato Woody Allen, anche con la parodia della tetta gigante di Tutto quello che avreste voluto sapere..., Guzzanti dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, di avere un perfetto controllo del vocabolario visivo e cinematografico. Assodato questo, la critica che la recitazione sia viziata da un eccesso di goliardia risulta, molto probabilmente, un effetto volutissimo. Oppure è solo che si sono divertiti un mondo. XD
Paradossalmente (ma vista la pochezza dei mezzi a disposizione, neanche poi tanto ^_^) questo film visionario, ricchissimo di grafica e di effetti speciali retrodatati e francamente rudimentali (i migliori, comunque, che il genere fantascientifico in Italia avesse mai offerto), non potrebbe essere più autarchico, girato quasi interamente in una cava della Magliana, nella periferia sud di Roma, "marzianizzata" da sfacciati e comunisti filtri rossi.
Fascisti Su Marte, satira retrofuturista sul revisionismo storico e sul linguaggio della propaganda di ieri e di oggi, ripropone tutti quei gesti essenziali, da pantomima, che hanno fatto la fortuna delle slapstick comedy nell’era del muto ed una presa in giro di un passato lontano eppure più che mai attuale, sia alla sua uscita che ancora oggi. Da vedere! :D


 
BUONA PASQUA A TUTTI
GLI AMICI DEL BLOG!

domenica 7 marzo 2021

I maestri del tempo

 

Titolo originale: Les maîtres du temps
Nazione: FRA
Anno: 1982
Genere: Animazione, Fantascienza
Durata: 75'
Regia: René Laloux
Disegni: Moebius

Trama:
Il piccolo Piel è l'ultimo sopravvissuto sul pianeta deserto Perdide. Grazie al robot Mike riesce a contattare Jaffar, amico del padre ed avventuriero dello spazio, che cambia rotta per cercare di salvarlo ma...

Commenti e recensione:
Lo straordinario successo, sia di critica che di pubblico, de Il pianeta selvaggio, toccò Laloux relativamente poco; benché ne fosse il regista e l'artefice, quasi tutti gli onori andarono al più famoso Topor, artista dalla fortissima personalità, molto noto per il suo lavoro nel collettivo surrealista Panique che, insieme a Jodorowski ed Arrabal, proprio in quegli anni aveva esposto al Grand Palais.
Laloux raccolse ben pochi frutti ma furono abbastanza per convincerlo ad insistere, primo dopo Méliès, a fare fantascienza animata nella terra di Verne e decise di avviare la produzione di ben sei film per la TV, di un'ora ciascuno, ispirati ad altrettanti romanzi di Stefan Wul. Il titanico progetto prevedeva una direzione artistica diversa per ogni film, affidata ai disegnatori di punta della rivoluzionaria rivista Métal Hurlant. Ovviamente, dopo l'entusiasmo iniziale e fatti i debiti conti, si ripiegò su di un unico lungometraggio basato sull'adattamento del romanzo "L'orfano di Perdide" con le magiche illustrazioni di Moebius.
Moebius (al secolo Jean Giraud) aveva già lavorato per il cinema, soprattutto nel progetto Dune di Jodorowski (sempre lui!) ed i disegni che preparò con Giger vennero poi ripresi, benché non accreditati, da Linch. E vi ricordate le auto ed i costumi di Tron? Sono sempre suoi. Per Laloux il grande artista ha sviluppato una varietà di ambienti e personaggi paragonabile solo ai fumetti di Valerian!
I maestri del tempo (orrenda traduzione di "maîtres" che dovrebbe essere, invece, "Signori") ebbe enormi problemi di produzione, soprattutto legati al costo dell'animazione. Per risparmiare si fece tutto in Ungheria, all'epoca molto Oltre Cortina, ed a questo viene data la colpa della discontinuità qualitativa nel film: le scene sul pianeta Perdide, con le splendide foreste e tutta la sua fauna, sono dei veri gioielli mentre quelle nell'astronave, ad esempio, sono rigide e sgraziate. Laloux dovette lavorare come uno schiavo per sistemare al meglio le scene durante il montaggio e giocare tantissimo con la traccia audio per nascondere i difetti più evidenti. In un certo senso, I maestri del tempo si ascolta almeno quanto si guarda perché ogni immagine rimanda ad un suono specificatamente creato per l'occasione. Questa cura per il dettaglio nella creazione di un immaginario così esotico, ed a tratti fiabesco, è la vera firma e la ragione del successo dei lavori di René Laloux.
Les maîtres non è mai stato doppiato in italiano (in realtà, anche la traccia in francese è successiva perché il film fu pensato in inglese, come accade più tardi per molti lavori di Besson) ed è per questo che ve lo propongo solo sottotitolato. Doveva sfruttare il boom dell'universo di Guerre Stellari e limitarsi ad essere un "semplice" sci-fi d'azione, come nel romanzo, ma grazie all'amore di Laloux ed all'arte di Moebius (che qui ricorda spesso di Folon) è diventato poesia, meravigliosamente adatta tanto ai bambini quanto agli adulti.
Da vedere assolutamente! :D 

 

DEDICO QUESTO POST A ReeBee
che ci ha fornito il rarissimo DVD
di cui ho lasciato il link qui sotto.
GRAZIE!!!

 

PS: mi sono permesso di aggiungere, nella cartella, anche il bonus muto del DVD "Les escargots" (Le lumache), sempre diretto da Laloux ma disegnato da Topor; sono certo che lo apprezzerete. ; )


sabato 30 gennaio 2021

Il pianeta selvaggio

 

Titolo originale: La planète sauvage
Nazione: FRA
Anno: 1973
Genere: Animazione, Fantascienza
Durata: 72'
Regia: René Laloux
Disegni: Roland Topor

Trama:
Sul pianeta Ygam vivono i giganteschi Draag ed i minuscoli Oms. Gli oms-domestici sono usati come animali da compagnia mentre gli oms-selvaggi vivono clandestinamente. Allevato dalla figlia del capo dei Draag, l'Om Terr scappa e si unisce ad una comunità di Oms-selvaggi, insegna loro come difendersi dai Draag e...

Commenti e recensione:
Il pianeta selvaggio è, senza nulla togliere a I maestri del tempo e Gandahar, il massimo capolavoro di René Laloux, regista poco noto qui in Italia benché sia uno dei più grandi maestri dell'animazione adulta. Lontanissima, sia per scelta che per necessità (1), dagli standard Disney, è un'opera sì spigolosa ma impressionante, un incubo fantascientifico ad occhi aperti che ipnotizza e cambia per sempre il nostro modo di guardare il mondo e la natura. Realizzato con un'animazione bidimensionale e con ampio uso della stop-motion, predilige (vedi 1) la staticità al dinamismo, con la camera che non penetra mai lo spazio, sempre distante, spesso immobile ed i cui pochi movimenti si limitano a qualche misurata carrellata laterale o zoom. La messa in scena, dunque, è quasi teatrale e straniante e, di conseguenza, anche la regia risulta altrettanto semplice. Attenzione: semplice ma minuziosa e decisamente non banale!
Laloux si avvale della strepitosa colonna sonora del jazzista Alain Goraguer, autore di musiche che fondono il rock progressivo e psichedelico al free jazz, incremementando l'atmosfera allucinata che pervade l'intero film. Un orecchio infantile percepirà, senza pensarci troppo, la bella sincronia con le immagini, l'attinenza di emozioni ben calibrata tra la storia e la musica ma chi ha un minimo di cultura musicale di quegli anni non potrà non ammirare le sonorità che rimandano, tra gli altri, ai Pink Floyd, Alan Parson e Penguin Cafe Orchestra. Giusto per farvi piacere, ho aggiunto l'OST nella cartella. ^_^
Va bene musica e regia ma sappiamo tutti che un film di animazione vive, prevalentemente, di disegni e qui arriva l'artista che ha reso il film un'opera indimenticabile, il gigante del neosurrealismo che animò la scena artistica degli anni '70 europei, Roland Topor. Lo abbiamo già incontrato, in queste pagine, a fianco di Jodorowsky ma anche come coautore dei disegni della Città delle donne di Fellini e, prima o poi, lo rivedremo in Ratataplan di quel Nichetti che gli era così simile. Il suo tratto, la sua assurda poesia e la bellezza della sua arte fanno de Il pianeta selvaggio un capolavoro assoluto dove ogni inquadratura ed ogni scena sono opere d'arte. Grazie a lui il film vinse, nel 73, il Premio Speciale della Giuria di Cannes e si trattò di una vera rivoluzione perché fu il primo film d’animazione (e animazione "povera", per di più!) a vincere un premio che non appartenesse alla propria categoria specifica.
Ottimo film dalle forti suggestioni letterarie, intrigante, diverso e d'autore, senza età, consigliato sia agli amanti del buon cinema che agli appassionati di fantascienza, Il pianeta selvaggio è così carico di significati e di livelli di lettura che, indipendentemente dalla vostra formazione culturale, saprà sicuramente scuotere le vostre emozioni più profonde! :D


giovedì 31 dicembre 2020

Ralph Spaccatutto




Titolo originale: Wreck-it Ralph
Nazione: USA
Anno: 2012
Genere: Animazione, Avventura, Fantascienza
Durata: 101'
Regia: Rich Moore

Trama:

Per anni, Ralph ha avuto il ruolo del cattivo in un famoso videogioco. Con una mossa ardita, si lancia in un'avventura all'insegna dell'azione per dimostrare a tutti di essere un autentico eroe ma finisce in Sugar Rush, il gioco dell’esuberante Vanellope von Schweetz, e...   

Commenti e recensione:
Ralph Spaccatutto è il 52° lungometraggio della Pixar Disney, con la raffinata grafica Pixar Disney e la più classica delle storie Pixar Disney. È talmente Pixar Disney che non ci verrebbe mai in mente di considerarlo un film Disney Pixar! Insomma, inutile girarci intorno: Ralf Spaccatutto è, in tutti i modi e per tutte le caratteristiche, uno dei più bei film Pixar, indipendentemente dal logo in apertura. XD
C'è davvero tanto degli studios della Lampada da Tavolo, come la pregevole fattura dei movimenti più meccanici e sincopati che distinguono i personaggi dei vecchi arcade da quelli dei nuovi giochi, o le atmosfere apocalittiche, ad alta definizione, che Ralph incontra subito dopo aver abbandonato la sua palazzina bidimensionale, ma le influenze pixariane non si limitano alla grafica o all'arte visiva perché l'arcade è un microcosmo affine a quelli di Monsters & Co e Toy Story (anche se la ribellione di Ralph lo assimila al Jack di Nightmare Before Christmas). Ai temi politically correct tanto cari alla Disney (il riscatto del cattivo buono rispetto alla condanna senz'appello del cattivo cattivo) si mescola quell'ironia leggera ed a tratti dissacrante di stampo Pixar a cui perfettamente si innesta lo "stile Moore", magnifico regista che ha diretto così tanti episodi de I Simpson e Futurama. A lui dobbiamo una serie di scene indimenticabili come la riunione dei "Bad Anon" ovvero dei "Cattivi Anonimi" (tra cui uno dei fantasmini di Pac Man, Zangief di Street Fighter, Satine di Diablo) o l'improbabile amore tra Felix ed il sergente "trucida scarafoidi" Calhoun, il cui matrimonio precedente ricorda tanto quello di Beatrix Kiddo in Kill Bill. È proprio la commistione di stili il vero valore aggiunto di questo Disney, che è quanto di più diverso ci possa essere da un "Classico" ma è certamente un film riuscitissimo.
Ralph Spaccatutto poteva facilmente diventare un simpatico zibaldone di citazioni e riferimenti nerdofili, con un bel po' di azione e di personaggi buffi e, in realtà, a me sarebbe anche bastato. Rich Moore però (e forse anche la Disney ma non ci scommetterei) ha voluto offrirci di più: un film che ha un cuore pulsante, artistico ed umano. La sceneggiatura, pur affrontando temi profondi quali la solitudine, la manipolazione del prossimo, l’accettazione del diverso ed il libero arbitrio come solo i cartoon riescono a fare, non ha una singola sbavatura e non abusa mai del videogioco per "vincere facile". Con la sua girandola di divertimento ed emozioni che fa scorrere velocissimo il film, oltre a divertire tantissimo il pubblico il più variegato possibile riesce persino a commuoverlo a più riprese, soprattutto nel finale con la sua morale tutt'altro che scontata. Consigliatissimo a tutti, grandi e piccoli, nessuno escluso! :D




Anche quest'anno è passato
ed i prossimo, senza troppa fatica,
dovrebbe riuscire ad essere migliore.

Felice 2021!!
^__^

martedì 6 ottobre 2020

Frankenweenie


Titolo originale: Frankenweenie
Nazione: USA
Anno: 2012
Genere: Animazione, Commedia, Horror, Fantascienza
Durata: 87'
Regia: Tim Burton

Trama:
Dopo la morte del suo amato cane Sparky, investito da una macchina, il giovane Victor sfrutta il potere della scienza per riportarlo alla vita. Victor cerca di tenere nascosta la sua creazione ma lo Sparky redivivo viene scoperto con terrore dai vicini di casa e...  

Commenti e recensione:
Correva l'anno 1984 e l'allora ventiseienne Timothy William Burton consegnava alla Disney il suo secondo cortometraggio intitolato Frankenweenie (letteralmente Franken-sfigato). Il regista fin dall'inizio aveva pensato di sviluppare questa storia in un lungometraggio in stop-motion ma problemi legati al budget lo costrinsero ad adattarsi ad una più pratica live action. Bisogna ammettere che ci provò davvero! Mise in campo un cast eccezionale, da Daniel Stern a Shelley Duvall, richiamando l'acclamatissimo Barret Oliver, reduce da La storia infinita, e scovando addirittura una giovanissima Sofia Coppola. Quando ne terminò la lavorazione, la Disney, dando prova di un acutissimo senso per gli affari, lo accusò di aver sprecato le risorse della compagnia con una pellicola che non sarebbe mai stata adatta ad un pubblico di bambini e lo licenziò. Poco meno di trent'anni dopo Tim Burton, richiamto da una Disney con la coda tra le gambe, è finalmente riuscito a realizzare il suo vecchio progetto, riportando in vita tutti i personaggi nel film d'animazione stop-motion che tanto sognava ed integrando la storia originale con nuovi passaggi e sfumature. Il fatto di aver potuto disporre di un’ora e mezza di tempo (nonché di un sacco di soldi!) gli ha permesso di realizzare un vero capolavoro perché l’iniziale tenerezza si è fusa con la maturità acquisita negli anni da un Burton sempre e comunque nostalgico.
Frankenweenie è il film più burtoniano di sempre. Col suo magico mix di bianco e nero e 3D, antico e modernissimo, è un film che, nella sua semplicità, mette in discussione tutto e tutti, adulti e bambini inclusi ma, soprattutto, il regista stesso che, per l’occasione, si apre come forse mai prima d'ora. A chi non conoscesse Burton basterà vedere solo questo per comprenderlo: è tutto qui, in novanta minuti. Perché Frankenweenie è palesemente un'opera d'amore: amore per gli amici perduti, per un'infanzia ricca di sogni e visioni (magari macabri, sì, ma ognuno ha i suoi), per il suo simpaticissimo bull terrier e per un padre ed una madre amorevoli e comprensivi nei confronti di un figlio tanto strano. Dopo pochissimo ci si dimentica che stiamo guardando dei pupazzi minuscoli, mossi con certosina pazienza e dedizione da appassionati artigiani, e che il film è, per di più, in bianco e nero. Non è la qualità assoluta dell'animazione, è proprio il nostro cuore a dipingere il grigio di tutte le sfumature dell'arcobaleno. È quella splendida magia che era mancata nella prima versione live, come Burton ben sapeva, e che adesso la Disney si è finalmente decisa a concedere al suo straordinario figliol prodigo.
Questa è senz’altro una delle più accattivanti favole contemporanee; sognante e deliziosa come poche altre hanno saputo essere, merita di essere vista, rivista e ri-rivista ancora! :D

giovedì 3 settembre 2020

Outlander - L'ultimo vichingo


Titolo originale: Outlander
Nazione: USA
Anno: 2008
Genere: Azione, Avventura, Fantascienza, Horror
Durata: 115'
Regia: Howard McCain
Cast: Jim Caviezel, Sophia Myles, Jack Huston, Ron Perlman, John Hurt, Owen Pattison


Trama:
Norvegia, anno 709 dopo Cristo. Mentre i vichinghi si fanno la guerra, dal cielo precipita sui fiordi una navicella spaziale con il guerriero umanoide Kainan. Purtroppo a bordo s'è salvata anche una creatura, selvaggia ed in cerca di vendetta, che inizia a seminare morte nelle nordiche langhe e...

Commenti e recensione:
Howard McCain, affascinato dalla lettura del Beowulf, ci mise circa sette anni, dalla scrittura all'uscita, a realizzare questo suo film.
Outlander, uno dei più begli esempi di commistione di generi degli ultimi anni: fanta-western iniziatico che intreccia Howard, James Cooper e Robert Heinlein (ma che poteva benissimo essere anche una storia di Zagor ^_^), pareva perfetto per sfruttare l'onda lunga de Il Signore degli Anelli e, invece, McCain si è trovato quasi subito a combattere con fondi limitatissimi (infatti è girato in Canada invece della Nuova Zelanda). Il suo debutto nelle sale è stato continuamente rimandato dalla Weinstein Company, proprietaria dei diritti di distribuzione, salvo poi essere finalmente rilasciato direttamente sul mercato Home Video.
Perchè mai questo trattamento? Di certo non perchè è un film brutto, semmai il contrario. McCain dirige il racconto con brio ed impedisce che il montaggio iperveloce confonda l'azione evitando così che i protagonisti si riducano a caricature. È anche un buon esempio di cinema digitale dal cuore analogico ed è capace di spruzzare una ricca dose di citazioni intelligenti, da Predator ad Alien a L'uomo chiamato cavallo e tanti altri. Il "problema" è che Outlander - L'ultimo Vichingo è decisamente diverso dai (brutti) film horror di successo dati in pasto negli ultimi anni agli amanti del genere, sempre più di bocca buona. A cominciare dal ritmo della narrazione, indiscutibilmente lento ma di un lento che non annoia mai e che, anzi, permette alla pellicola di sviluppare per bene i suoi personaggi e le sue molteplici situazioni. In pratica, non ci troviamo di fronte ad un horror fantascientifico tutta azione e poco cervello, megakolossal inconcludente e senza costrutto, ma ad una pellicola dove orrore, mostri e sangue si mischiano armoniosamente con amore, romanticismo e dramma. Decisamente troppo per dei produttori commerciali!
Il film è quasi privo di colonna sonora (ok, non è un difetto ma penso si sia persa un'occasione a non lasciarla a qualche viking metal band come Enslaved, Unleashed o Tyr) perché si è preferito dare più spazio agli effetti speciali, al rumore dei combattimenti e delle spade (che gli attori destreggiano con vera maestria!) per far entrare lo spettatore nella storia. Ron Perlman, John Hurt e, soprattutto, Jim Caviezel non solo si dimostrano dei veri professionisti ma calzano perfettamente i loro ruoli.
E poi c'è "il mostro". A conti fatti, è il Moorwen il vero protagonista di Outlander. Creatura frutto dell’ingegno di Patrick Tatopulos (Indipendence Day, Ultimatum alla Terra, Pitch Black e chi più ne ha più ne metta), deve il suo nome al Morlock di La Macchina del Tempo di Wells e si ispira alle nemesi di Beowulf nell’omonimo poema epico. Fin dai tempi de Lo Squalo si è capito che il nemico è metà film. La metà occupata da questo mostruoso incrocio tra lupo, drago, serpente e camaleonte è a dir poco terrificante: un incubo perfido, senza pietà, truculento e feroce come se ne sono visti pochi sullo schermo! Eppure, mano a mano che si va avanti con il film, la sua rabbia, la sua sete di sangue e vendetta appaiono meno illogiche e la sua mostruosità inferiore a quella dell’Uomo, certo futuristico ma che continua a commettere gli stessi massacri che abbiamo visto ripetersi all’infinito. In un certo senso il Moorwen assurge a castigo divino, a punizione inflitta a quell’umanità che fin dall’alba dei tempi non ha saputo fare altro che violentare una natura che, di quando in quando, trova comunque il modo di ribellarsi.
Outlander si inserisce in quel filone di film a basso budget ma dall'ottima resa, come Pitch Black, in cui l'intelligenza della regia supplisce alla stupidità della produzione. Vien quasi da pensare che Weinstein l'abbia presa quasi come un'offesa personale (e non è che gli manchino altri e noti difetti caratteriali) e, approfittando della difficoltà di catalogazione del titolo, lo abbia messo su una delle sue famigerate black list. Fosse solo per fargli dispetto verrebbe voglia di vederlo ma è stata una vera gioia scoprire che il film ha davvero tanto da offrire e regala una serata di avventura diversa ed intelligente. Da non perdere! :D



***Attenzione!***
L'algoritmo di Google sembra aver "dimenticato" questo blog e, quando lo cercate, vi rimanda al sito di backup.
Non preoccupatevi, da lì potete tranquillamente rientrare qui dentro e seguire le mie proposte come sempre.



sabato 22 agosto 2020

Avventure di un uomo invisibile


Titolo originale: Memoirs of an Invisible Man
Nazione: USA
Anno: 1992
Genere: Commedia, Fantascienza
Durata: 106'
Regia: John Carpenter
Cast: Chevy Chase, Sam Neill, Daryl Hannah, Michael McKean, Stephen Tobolowsky

Trama:
Nick Halloway, agente di cambio a San Francisco, arrivista, edonista, mediocre, diventa invisibile durante un incidente scientifico. Un funzionario dei servizi segreti, che vuol impadronirsi di lui per servirsene come spia ed accrescere il proprio potere, gli da una caccia spietata e...

Commenti e recensione:
Puro divertissement, Memoirs of an Invisible Man (memorie e non avventure, una differenza fondamentale che, ancora una volta, la traduzione italiana non si degna di considerare) è un gioiellino fantascientifico, insolito nella filmografia di John Carpenter, precursore dei tempi ed, al contempo, capace di un affettuoso sguardo cinefilo agli albori della 7ª arte. Carpenter si dimostra capace come pochi di portare avanti il proprio discorso antropologico anche quando è costretto a lavorare su commissione: la storia di Nick Halloran, strizzando l’occhio a tutto un genere cinematografico omaggiato dalla sobrietà stessa dei toni scelti dall’autore, racconta ancora una volta, in puro stile Carpenter, la dura battaglia tra realtà e fantasia e la necessità umana di trovare una dimensione di riconoscimento essenziale con cui poter sopravvivere al mondo, in questo caso nel drammatico momento della solitudine cui è costretto l’invisibile Chase, finalmente consapevole della necessità di "essere visti". Il fugace scambio di battute tra i protagonisti, "È bello vederti", "È bello essere rivisto", è fondamentale per stabilire la qualità dell’approccio carpenteriano al tema dell’invisibilità, che non è il potere codificato da H.G. Wells capace di rendere il singolo individuo una sorta di pericolo ambulante o un supereroe, quanto una variabile impazzita in grado di ridefinire la percezione del sé e l’approccio con gli altri. Nick Halloway, viene detto chiaramente, era invisibile prima ancora di diventarlo: un uomo solo, senza amici, impegnato in giornate sempre uguali fra l’arte dell’arrangiarsi e quell’agire sbruffone di chi non ha niente da perdere. Impossibilitato ad "essere visto" può iniziare un processo utile finalmente a "vedere" se stesso ed il mondo e, paradossalmente, è solo da invisibile che diventa interessante. Purtroppo per lui, anche per la CIA. A fronte di tanta acutezza tematica, il film resta comunque una commedia romantica dai dialoghi fulminei alla Hawks, discreta ma puntuale nelle citazioni (Nick che si toglie le bende è un bell'omaggio al film di Whale), con atmosfere metropolitane opprimenti alla 1997: Fuga da New York. Sembra quasi che Carpenter abbia tentato di intrecciare Starman con Intrigo internazionale.
Il cast, per quanto improbabile, è particolarmente adatto. Carpenter riesce nell’impresa di far sembrare Chevy Chase, il caratterista da National Lampoon’s Vacation, un vero attore e, con la sua regia, lo dota di una rispettabilità ed una capacità d’indagine psicologica del personaggio per lui inusitata (un po’ come accadrà a Jim Carrey con la svolta semi-seria di The Truman Show). Con la bella Daryl Hannah dev'essere stato più semplice: è dolce come lo zucchero ma, attenzione!, è molto più della classica "bionda in pericolo"! Particolarmente azzeccato è anche il Sam Neill versione pre-Jurassic Park, molto convincente come spietato e paranoicamente maligno mastino dei Servizi.
Spaziando dalla sci-fi all’horror, e passando per l’adventure, John Carpenter ha dimostrato, nel corso della sua carriera, una dote indiscutibile: la capacità di garantire standard sempre al di sopra della media. Pur trattandosi, in questo caso, di un copione scontato (tratto dal libro omonimo di H.F. Saint e non da Herbert George Wells), Carpenter riesce a stemperare la prevedibilità della storia da un lato profondendo quella sua tipica mistura di tensione e (black)humor, dall’altro deviando le traiettorie della commedia convenzionale in quelle della farsa (oltre a saper dosare con cura il tasso glicemico della love story dei due protagonisti).
Avventure di un uomo invisibile è un film farcito di citazioni (oltre all’Uomo invisibile del ’33 ci scappano anche Hitchcock e molti altri) ma soprattutto di autocitazioni: non sono i ricordi di Nick Holloway quelli che scorrono sullo schermo bensì quelli del regista stesso che ha visto, in questo progetto precedentemente rifiutato da Ivan Reitman e Richard Donner, l’occasione per provare a dimostrare a chi non aveva saputo apprezzare Grosso guaio a Chinatown che il suo cinema è molto più ricco di quello cui l’etichetta di "regista horror" che gli è stata affibbiata farebbe pensare. Un cinema spesso sottovalutato ma bellissimo e di cui questo film è sicuramente un perfetto esempio: un (potenziale) blockbuster intelligente, poetico e leggero, da vedere con grande piacere! :D

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